Milano – Si inginocchiavano sotto la tettoia, su uno dei cassoncini in legno (“brellin”). Sciacquavano gli indumenti nel ruscello (“fossett”) alimentato dalle acque del Naviglio Grande, con una pasta di cenere, sapone e soda (“palton”). Poi strofinavano i panni sugli stalli di pietra. Un’altra epoca, un altro mondo, ma l’antico lavatoio è sopravvissuto al tempo: si trova nel vicolo dei Lavandai, uno degli angoli più suggestivi di Milano. A occuparsi del servizio erano gli uomini, poi nel ‘900 subentrarono le donne e il lavatoio restò attivo fino agli anni ‘50.
“Le ultime lavandaie sono morte una lo scorso anno, una l’anno prima – racconta Albina Borgo, che ha un negozio di artigianato nel vicolo –. Ricordo che d’estate ci sedevamo fuori e loro litigavano in dialetto. Nel mio locale c’è ancora il torchio dove strizzavano i panni”. Accanto c’è un negozio di foto e la distilleria di un gin bar: “È un angolo storico, ma essendo proprietà privata è un po’ abbandonato – commenta il titolare Alessandro Pasqualotto –. Meriterebbe più cura”. Per conservare memoria della Milano che c’era e non c’è più.