
Villaggio Olimpico, fronte ovest su via Ripamonti
Milano – I più gentili le definiscono “squallide” oppure si chiedono dove sia finito “il glorioso design italiano”. I più spudorati le paragonano all’architettura di “Leningrado 1978” o ai penitenziari – “Modello di architettura carceraria?” – senza tralasciare i paragoni con l’edilizia popolare: “Sembra Scampia”.
È la valanga di commenti social che sta travolgendo le palazzine in costruzione del Villaggio olimpico per i Giochi di Milano-Cortina 2026 all’ex Scalo Romana, una polemica che sul web tiene banco da un mese anche se, c’è da dire, non manca la presa di posizione di chi sta cercando di mettere un freno anche bollando come “bullismo social” le critiche contro il sito che sta ancora prendendo forma – su progetto dello studio SOM, pool di architetti americani – e che dopo le Olimpiadi si trasformerà nello studentato più grande d’Italia, aspetto che apre un secondo filone di dibattito sui costi degli alloggi. I sei stabili finiti nell’occhio del ciclone saranno infatti nel 2026 la casa temporanea di 1.700 atleti e poi ospiteranno universitari fuori sede.
Tra i post che più hanno infiammato gli animi, quello pubblicato sulle pagine Instagram e Facebook di Rivolta Architettonica, la sezione italiana del movimento Architectural Uprising, lo scorso 16 febbraio (i primi post, sulle pagine di “addetti ai lavori“ come agenti immobiliari e appassionati di urbanistica erano comparsi a fine gennaio): “Milano place to be, una città che non si progetta più: si assembla. Blocchi anonimi – si legge nel post –, finestre posizionate con regolarità carceraria: praticamente un dormitorio aziendale dell’era Brežnev. Ma il vero colpo di genio è per il dopo Olimpiadi, quando questo monumento alla mediocrità verrà riciclato come studentato (al modico prezzo di 430 euro in camera doppia)”.
Nel mirino non ci sono solo la struttura architettonica e i prezzi delle camere post Olimpiadi ma anche il colore: “Perché – scrive un utente – si insiste a usare tonalità che vanno dal grigio topo al marroncino ca...? Hanno paura di trasformare Milano in Burano?”. E poi c’è la “questione magazzini“, le antiche strutture ferroviarie che si trovano a ridosso del nuovo polo, che furono fotografati da Gabriele Basilico nel 1978.“Erano con i mattoni a vista – altro commento sul web – ma ora somigliano alle “costruzioni ospedaliere“ accanto”. Le critiche piovono non solo per la mano di intonaco ma anche per i “serramenti verdi”.
Però c’è chi suggerisce di non considerare solo l’estetica: “A mio avviso, la cosa importante è che (i palazzi, ndr) siano funzionali e ben costruiti, tali da poter ospitare futuri studenti senza che il complesso casa a pezzi tra 10 anni. Poi se non ci sono i rosoni in mosaico di vetro colorato al posto delle finestre, secondo me poco importa”. Nei giorni scorsi, l’argomento è stato toccato anche dal webmagazine ‘Artribune’ che spezza una lancia a favore del futuro Villaggio olimpico: “Insultarlo ti fa sentire migliore?”, il titolo. Dito puntato soprattutto contro “la superficialità. Qualche foto del cantiere non ancora terminato, con il cielo grigio sullo sfondo, e via con le battute da bar”. Per chi scrive, il progetto ha, sì, “degli elementi piuttosto deludenti, ma con delle buone finiture potrebbe farcela”. Ancora: “Tra una critica da parrucchiere e l’altra, nessuno” considera “i costi esplosi dopo il Covid e dopo le guerre. Ma poi c’è il fattore velocità: in un Paese dove le opere pubbliche procedono in ritardo cronico, questo cantiere ha sempre viaggiato in netto anticipo sulle tabelle di marcia.