NICOLETTA PISANU
Cronaca

Violenza sessuale, imprenditore assolto: “Troppe contraddizioni nelle accuse delle dipendenti”

Bubbiano, le motivazioni dei giudici sul caso di Fernando Trevisan. Le dichiarazioni delle denuncianti smentite anche dai tabulati telefonici

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Fernando Trevisan (a destra) con l’avvocato Antonio Francesco Catanzariti

Bubbiano (Milano) – ​​​​​​“Il narrato delle parti civili è pregno di contraddizioni” e “non è stata raggiunta la prova che i fatti di reato contestati sussistano”.

Queste le motivazioni dei giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello di Milano che hanno assolto, perché il fatto non sussiste, l’imprenditore brianzolo Fernando Trevisan, sessantasette anni, dall’accusa di violenza sessuale su tre sue lavoratrici.

Trevisan, titolare di un’impresa di pulizie di Bubbiano, era stato condannato in primo grado a dieci anni di reclusione dal tribunale di Pavia, poi la pena era stata ridotta a sette anni e sei mesi in un primo processo d’Appello, sentenza annullata dalla Corte di Cassazione per la mancata acquisizione della deposizione del perito che si è occupato dei tabulati e per non aver approfondito i motivi di astio delle donne verso Trevisan, dovute scrivono i giudici a questioni “di retribuzioni e contribuzioni”.

Il giudizio di rinvio si è concluso con la sentenza di assoluzione. In primis, nelle loro motivazioni i giudici dell’Appello bis spiegano che sono emerse contraddizioni tra le dichiarazioni delle denuncianti e i tabulati telefonici oltre che con le testimonianze in aula. Ad esempio, la prima denunciante aveva accusato Trevisan di un rapporto completo non consenziente, ma “il descritto racconto non trova puntuale riscontro”, anzi, “è contraddetto dall’analisi dei tabulati”: tra gli elementi emergerebbe dalle motivazioni dei giudici che quel giorno, nell’arco temporale in cui secondo il racconto della denunciante i due sarebbero stati insieme, i loro cellulari avevano agganciato celle di Comuni diversi.

Sono emerse, rileva la Corte, anche contraddizioni da parte di due delle denuncianti sui loro profili lavorativi e sulle motivazioni degli attriti con l’imprenditore, argomenti anche al centro di alcune conversazioni telefoniche. Il Collegio sottolinea di non avere interesse a dichiarare che le donne abbiano “ideato ed eseguito una precisa strategia dal carattere calunnioso” ai danni dell’imprenditore, ma “appare ragionevole coltivare il dubbio che i fatti cristallizzati in imputazione non siano accaduti così come raccontato”, in quanto le loro dichiarazioni per i giudici sono ricche di “contraddizioni, omissioni e tratti inverosimili” e “sono gravemente smentite dall’analisi del traffico telefonico” e dalle “dichiarazioni rese da altri testi”.