ANDREA GIANNI
Cronaca

Violenze sessuali, ogni giorno 4 casi. In 8 mesi 53 vittime di stupri di gruppo: "Denunce raddoppiate dal 2019"

Fenomeno diffuso in tutti gli strati sociali. Migliaia di abusi restano sommersi, soprattutto fra gli stranieri. Aumentano gli imputati e i condannati. Il 46% dei processi finisce con assoluzione o non luogo a procedere

Immagini da una Manifestazione di Non una di meno contro la violenza sulle donne

Immagini da una Manifestazione di Non una di meno contro la violenza sulle donne

MILANO – Una donna ha chiesto aiuto scrivendo direttamente una email alla Procura di Milano e, grazie all’intervento della polizia locale, è stata collocata in una struttura protetta. Un’altra, di origine egiziana, si è presentata accompagnata dal figlio, che ha tradotto il suo racconto da incubo perché lei parlava solo in arabo. Sono solo due dei casi finiti davanti ai magistrati del pool “fasce deboli“ della Procura di Milano, coordinato dalla procuratrice aggiunta Letizia Mannella, dove lavorano 8.5 pm rispetto a una necessità di 18 per coprire l’organico. Solo nei primi otto mesi del 2023 sono state denunciate 937 violenze sessuali, che hanno portato all’apertura di 517 fascicoli d’inchiesta a carico di noti e altri 420 a carico di ignoti, perché non si conosce l’identità dell’autore. Una media di quasi quattro denunce ogni giorno. Numeri praticamente raddoppiati rispetto al 2019, quando erano stati aperti in tutto 510 fascicoli a carico di noti o ignoti.

Quest’anno si sono contate inoltre 53 violenze sessuali di gruppo: 20 con presunti autori noti e 33 con presunti autori ignoti. Nel 2019 erano 20 i fascicoli aperti per questo reato. Nel triste bilancio dei primi otto mesi dell’anno si contano anche 2258 maltrattamenti in famiglia. In calo solo i procedimenti per stalking. Dati che hanno una doppia lettura: fanno emergere un fenomeno preoccupante, ma anche la sempre maggiore propensione delle vittime a denunciare i loro carnefici.

"Rispetto al passato è aumentata la consapevolezza – spiega l’aggiunta Mannella – e c’è una maggiore fiducia nella giustizia e nelle forze dell’ordine. Restano ancora sommersi numerosi casi che riguardano donne straniere, provenienti da Paesi come le Filippine, il Bangladesh o l’Egitto, che pur vivendo situazioni gravissime non denunciano. Per questo è necessario fare di più per captare anche i più deboli segnali di una necessità di soccorso". Quando si riesce a intervenire in tempo, però, ci sono ostacoli da superare. Come il caso dei braccialetti elettronici, da applicare in certi casi agli indagati per reati di violenza di genere sottoposti a misure cautelari non carcerarie.

"Siamo messi abbastanza male – sottolinea Mannella – riusciamo ad ottenerli solo poche volte, abbiamo diversi problemi a reperirli e problemi a volte anche sui falsi allarmi". L’entità del problema traspare anche dai dati sulle misure cautelari emesse dai gip illustrati dal presidente facente funzione del Tribunale di Milano, Fabio Roia: il 70% di tutte le misure cautelari riguardano autori di reati di genere, con l’obiettivo di proteggere le vittime di violenze sessuali, maltrattamenti o stalking: 351 misure su 498. Per Roia ciò che serve anche per contrastare la violenza sulle donne è "ridurre assolutamente la durata dei procedimenti, perché più lungo è un procedimento più c’è il rischio della vittimizzazione secondaria sulla persona offesa". Ma per abbassare i tempi dei processi, aggiunge, "dovremmo aumentare il numero dei giudici". Oggi, in Tribunale a Milano, c’è una scopertura di organico dei magistrati del 21%, a fronte di una mole di lavoro sempre maggiore.

Aumenta infatti a Milano il numero degli imputati, 763 da gennaio al 31 ottobre 2023, dei condannati ( 506 rispetto ai 479 del 2021) e delle persone offese, 763 raffrontate alle 630 di due anni fa, per quanto riguarda i reati commessi per "motivi di genere". ll numero totale delle sentenze per questi reati a Milano "è aumentato da 732 a 930 (+ 121 rispetto al 2022)". Di questi verdetti "il 53% sono di condanna, il 23% di non doversi procedere e il 23% di assoluzione". Tra gli imputati "il 92% sono di genere maschile". Il 60%, poi, sono italiani. L’età "maggiormente presente è nella fascia 26-35 anni". Provengono dal centro o dalle periferie, sono professionisti affermati o persone che vivono in situazioni di povertà e disagio sociale. Una violenza "diffusa e trasversale" che riguarda anche giovanissimi, con modelli di comportamento arcaici che si ripetono all’infinito. "Significa che il modello di patriarcato e predominio maschile è ancora molto presente – conclude Roia – o perché viene tramandato ancora dalla famiglia o perché la scuola non riesce a sensibilizzare".