L’erede dell’ex re del narcotraffico si racconta tra dannazione e sofferenza. Ciro Bonifacio è un ragazzo di 22 anni che sta cercando di ritrovare la serenità dopo tanti anni di dolore. Stiamo parlando del figlio del narcos Rino Gennaro Bonifacio. Un ragazzone, alto e sicuro di sé, imprenditore che punta a dare vita ad una associazione che aiuti i detenuti e ad un sequel del libro scritto dal padre: “Malabellavita”. Lui condanna con forza i reati commessi dal padre e anche se è cresciuto da solo non lo ha mai abbandonato e tutte le volte che è possibile lo va a trovare in cella, ad Opera, dove è rinchiuso nel reparto di massima sicurezza e da dove dovrebbe uscire il prossimo anno.
"Io condanno tutti i reati che ha commesso. Com’è ovvio, chiunque commette degli errori va condannato, e se questi errore prevedono il carcere, è giusto finire dietro le sbarre. Poi, scontata la pena però, devono cambiare vita. Come la deve cambiare mio papà".
Com’è il rapporto con suo padre oggi?
"Mah, anche se sono cresciuto senza lui ho imparato comunque a volergli bene e a stargli vicino. Il prossimo anno finirà di scontare la sua pena e il suo passato sarà un capitolo chiuso. Mi sono fatto da solo come uomo ma ho seguito anche alcuni consigli suoi che sono stati utili: ovviamente la prima regola che mi ha raccomandato di seguire è di non fare mai quello che aveva fatto lui, mai".
Porta un cognome "pesante", le ha creato disagio nella vita e nelle relazioni?
"Sia in amore che in amicizia o nelle relazioni il cognome che porto appresso mi ha messo un po’ a disagio. Chiaramente la mia sofferenza passata mi ha estraniato un po’ da tutto, oggi sono una persona che fa attenzione ad affezionarsi a qualcuno".
Oggi lei è un imprenditore con il sogno di aprire un’associazione per aiutare i detenuti.
"Si, è un desiderio che coltivo da tempo. Conosco la realtà dei detenuti e delle loro famiglie e spesso ci sono persone che hanno molto bisogno. Vorrei dare vita, semmai con l’auto di mio padre quando sarà libero - chissà - ad una associazione che aiuta chi è dentro ma anche e soprattutto chi resta fuori".
Suo padre prima di essere coinvolto nuovamente nel traffico di droga, aveva scritto un libro. È vero che potrebbe arrivare un sequel?
"Verissimo. Stavano già lavorando per fare uscire un eventuale docu-film su mio padre ma poi lui è tornato in carcere. Oggi alcuni editori vorrebbero fare un sequel del libro e poi un film inserendo anche la mia storia".
Quali sono i momenti in cui suo padre le è mancato?
"I momenti in cui mi è mancato sono quelli importanti per un figlio. Sono tanti come quando dai i primi calci al pallone, provi ad andare in bicicletta o quando ti si stacca il primo dentino. Quando a scuola era la festa del papà tutti i compagni disegnavano i loro padri e io chiaramente facevo il mio disegno ma avevo impresso dentro di me le sbarre che ci separavano. Ero piccolo, non capivo, provavo a non dipingerle, ma appunto le avevo sempre dentro di me".
Ad oggi chi è suo papà per lei?
"Mio padre lo lascio fuori dalla mia vita come “personaggio” e protagonista di brutte storie, ma oggi per me sta diventando a modo suo un buon padre. Non mi ha visto nascere ma ho visto nei suoi occhi il dolore di non avermi vissuto perché era finito in galera".