
Una mamma musulmana porta a scuola le figlie (Archivio)
Milano, 21 marzo 2024 – “Straniero non è uguale a rendimento scolastico inferiore. Non c’è nessun dato che dimostri che la presenza di questi alunni incida sull’apprendimento generale della classe". Parola di Costanzo Ranci, docente di Sociologia del Politecnico di Milano, autore della ricerca ricerca sul "White flight", iniziata nel 2014 e aggiornata ancora nel 2021, che ha lanciato l’allarme sulla segregazione degli allievi in arrivo dall’estero e degli abitanti delle periferie lombarde, frutto della "fuga degli italiani" verso istituti privati o più qualificati, a caccia di un ambiente sociale uniforme che la realtà di oggi sta cancellando.
La fotografia scattata dal docente fissa il fenomeno in alcune aree di Milano, dove gli ex immigrati ormai alla seconda generazione si sono stabiliti "per maggior facilità di accesso al lavoro, o per la possibilità di affittare una casa". Giambellino, Gratosoglio, ma anche quadrilatero di San Siro, via Padova, piazzale Maciachini. "La loro presenza in media nelle aule del capoluogo e dell’hinterland è del 25%, ma la distribuzione delle quote non è uniforme", spiega. Oltre i bastioni, nel cuore della metropoli, a situazione è opposta: appartamenti cari, professioni diverse, tutti o quasi di origine italiana.
Ma dove nasce la segregazione? "Nelle scuole dove i bianchi non iscrivono i figli perché cercano una maggiore omogeneità sociale – spiega il docente - e qui la presenza di studenti stranieri arriva al 70%". Un fenomeno radicato nel tramonto dei bacini scolastici. "Dagli anni Ottanta, infatti, si iscrivono i figli nell’istituto che si preferisce. Non c’è l’obbligo di scegliere quello del quartiere come in Francia o in Germania – ricorda il professore – da qui la ‘disuguaglianza spaziale’ per arginare la quale, però, sono nate esperienze positive".
Palazzo Marino "ha provato a trattenere gli italiani, con un’offerta formativa di qualità in periferia, come il metodo Montessori, prima appannaggio delle private". Poi ci sono le strategie di cooperazione, "da adottare nel momento cruciale delle iscrizioni", per cui diverse scuole si accordano per distribuirsi i figli di chi arriva dall’estero, ma anche disabili. Perché il discorso vale anche per loro. È un governo di flussi". "Bisogna focalizzare su un punto: tutto questo succede a monte, fuori dalle mura scolastiche, gli insegnanti poi si trovano a far fronte a situazioni spesso difficili".
È addirittura fuori luogo "parlare di integrazione" per Lorella Carimali, docente di matematica e fisica al Liceo scientifico "Vittorio Veneto" di Milano premiata nel 2017 tra i dieci migliori professori dall’Italian Teacher Prize, nel 2018 selezionata dalla Varkey Foundation tra i 50 finalisti del Global Teacher Prize, il Nobel per l’insegnamento. "A scuola ognuno è diverso – dice –. Ciascuno ha la propria storia e se la porta in classe, che è una comunità, arricchita dai singoli punti di vista, uno rispettoso dell’altro. Credo sia necessario spostare il focus. Lo scopo è rispettare le differenze. Quando si fa l’Erasmus si è stranieri. Credo che a Pioltello la questione sia organizzativa, un aspetto che compete ai singoli istituti".