
di Monica Autunno
Dalla Martesana all’Appennino, la nuova vita di Filippo Bruno, in arte Willow: "Più luce e più “calma” nella mia opera". L’artista re della neopop art, collaboratore di gallerie e aziende internazionali, vive oggi a Modigliana, piccolo borgo dell’Appennino Tosco Emiliano. Due anni fa raccontò con i colori l’avvento del Covid. Oggi racconta la luce in fondo al tunnel: in “Vaccinati”, una delle ultime fatiche, una folla colorata e festante soverchia un piccolo e terrorizzato virus in fuga.
Raccontiamo questo trasferimento.
"In famiglia l’idea era stata “buttata lì” qualche volta negli anni passati. In questo bellissimo paese avevamo una piccola casa di famiglia. Abbiamo pensato e pensato. Poi c’è stato il Covid. E abbiamo deciso. Ci siamo trasferiti, io, moglie e figli, nello scorso giugno".
Rodaggio ancora in corso, dunque.
"Ormai siamo insediati. Stiamo sperimentato modi e tempi di vita differenti. Sembra banale dirlo. Ma abbiamo riconquistato un ritmo di vita più tranquillo, forse meno organizzato, ma più umano. E ritrovato una convivialità che la città, e la frenesia del lavoro in città, rende più difficile. Qualcuno mi ha detto che si vede anche dalla mia opera".
Il suo lavoro. Cosa è cambiato?
"Per me è cambiato tutto e non è cambiato nulla. Ho cambiato luoghi, studio, tempi di lavoro. Ma non viviamo sulla Luna. I miei contatti sono gli stessi, i social hanno azzerato le difficoltà e le distanze, vi è la possibilità di portare avanti l’attività come e meglio di prima. Certo, aver iniziato a Milano mi ha favorito. Ho acquisito, negli anni di lavoro nell’atelier di Bussero, e alle porte della metropoli, un know how che ho portato con me. Questo cambio di scenario mi ha dato nuovi stimoli".
Quanto è contata, nella scelta, l’emergenza Covid?
"Forse mi ha dato, ci ha dato, una spinta. Ma forse lo avremmo fatto comunque".
A proposito di Covid. Ha dedicato al virus varie opere.
"Certo. Come dissi all’inizio, e sempre lungi da me qualsiasi improprio paragone con i grandi di altri tempi, che dipinsero pestilenze e catastrofi, un artista ha comunque il dovere di lasciare un’impronta. Quanto ci capita è impensabile e straordinario. Ho voluto raccontare nella tela “Vaccinati” la nuova euforia, il vaccino. Una folla che ha ritrovato colore, e un virus quasi invisibile, cancellato. Sia anche un auspicio".
L’arte ha sofferto e sta soffrendo molto.
"La cancellazione di eventi e fiere è stata certo un colpo mortale. Se non vi fossero stati i social sarebbe stata una catastrofe. Personalmente amo guardare oltre, alle nuove opportunità. Ad esempio la Criptoarte, una frontiera enormenente interessante. Una nuova avanguardia. Ne sentiremo parlare".