SIMONA BALLATORE
Cronaca

Yanick, dal viaggio della speranza ai banchi del Frisi di Milano: “Dopo la maturità? L’università”

È arrivato dal Togo a 19 anni, attraversando il deserto e il Mediterraneo. Ora lavora come mediatore linguistico e culturale e gioca a calcio: “Dopo l’esame riprenderò con l’attività agonistica”

Yanick Balogou, 29 anni, davanti al Frisi (Canella)

Yanick Balogou, 29 anni, davanti al Frisi (Canella)

Milano, 23 giugno 2024 – È arrivato dal Togo a 19 anni, solo. Ha attraversato prima il deserto e poi il Mediterraneo, come i tanti ragazzi che oggi aiuta: Yanick Balogou, 29 anni, è mediatore linguistico e culturale, responsabile di un centro di accoglienza e maturando.

Anche se ha un posto di lavoro sicuro, che ama, ha deciso di tornare sui banchi dell’istituto Frisi di Milano, indirizzo Socio-sanitario, "perché la scuola è tutto", sottolinea Yanick.

Ripartiamo dall’inizio.

"Sono arrivato in Italia come richiedente asilo. Sono stato in quattro centri di accoglienza, da via Corelli alla Caserma Mondello. Mi sono iscritto subito alla scuola per stranieri del centro Naga, non conoscevo una parola d’italiano. Poi ho preso la licenza media perché la scuola è fondamentale per restare qui, crearsi un futuro. Ho dovuto interrompere gli studi per pensare al lavoro. Oggi sono mediatore linguistico culturale, mi chiamano anche in Questura e nelle commissioni territoriali per stranieri. Ho una rete solida, sono responsabile di un centro di accoglienza con una capienza di 256 ospiti".

È quello che voleva?

"Sì. Sono portato ad aiutare il prossimo, mi metto sempre in gioco quando ci sono difficoltà. Ho cercato un lavoro che mi permettesse di essere felice, oltre a un guadagno. Ascolto, do il mio supporto. Conosco il francese, l’inglese, l’italiano e un po’ di dialetti africani: due o tre solo del mio Paese".

Una chiave per l’accoglienza?

"Le lingue aiutano molto all’inizio per orientare chi arriva verso i servizi del territorio, per fare capire la situazione. Io non conoscevo nessuno qui. Un’altra chiave, oltre alla scuola di italiano, per me è stata il calcio: è stato un momento di condivisione, mi ha permesso di conoscere più gente".

Gioca ancora a calcio?

"In questi ultimi tre anni l’ho messo un po’ da parte, ho smesso di giocare agonisticamente per privilegiare lo studio e il lavoro. Ma è un mio spazio personale, che nessuno mi può toccare perché mi aiuta tanto: sto giocando con YouSport, un’associazione per l’inclusione. Anche il calcio mi permette di aiutare altri ragazzi. Riprenderò agonisticamente appena ‘maturo’. Sono già in contatto con varie squadre".

Cosa le sta dando questa maturità e cosa le darà?

"Tantissimo. Un conto è l’esperienza, che ti permette di mettere in pratica il lavoro, un altro è sapere le cose, farle bene. Questa maturità mi ha permesso di sviluppare le mie conoscenze, quello che so già, per orientarmi ancora meglio nel mio ambito. Per il ruolo che ricopro io spesso è richiesta la laurea: è il prossimo obiettivo".

Si iscriverà all’università?

"Mi piacerebbe molto. Mi sto guardando intorno, vorrei iscrivermi a Mediazione linguistica e culturale o a Scienze dell’educazione. Ho due opzioni".

Come ha fatto a conciliare studio e lavoro?

"È stata una battaglia. Non è stato facile. Ho frequentato il serale e non ho mai smesso di lavorare, neppure in questo periodo. I professori mi hanno aiutato a non mollare alla prima difficoltà. È grazie anche a loro se sono qui e venerdì mi diplomerò, se tutto va bene".

Come sono andate le prove fino a qui?

"Quando ho letto le sette tracce del tema, mi sono fermato un attimo sul silenzio. Il silenzio è tanto per me: arrivo da lontano, da Paesi dove è difficile esprimere i propri pensieri e condividerli. L’ho scelto per questo, per il mio passato che continua a essere il mio presente: chi sta dall’altra parte non sempre ha il diritto che ho io, di esprimermi come sto facendo adesso. Per la seconda prova, Psicologia, dovevo capire come curare e aiutare una persona anziana, sola, tra depressione e demenza senile".

I ragazzi che segue stanno facendo il tifo per lei?

"Non sanno che ho l’esame anche se qualcuno mi vede a scuola perché si è iscritto qui per i corsi di italiano o per ottenere la licenza media. Mi incrociano sulle scale e io ne approfitto per trasmettere loro un messaggio: Mi vedete? Continuate anche voi a studiare, non fermatevi".

La scuola è ancora un ascensore sociale?

"Oggi potrei dire che la scuola per me è tutto. Dà tanto. Nel passato l’ho un po’ sottovalutata, oggi vedo quanto importante sia per me, dà valore".

Dedica a qualcuno questa maturità?

"A me stesso. Perché lavorare e studiare allo stesso momento non è facile. E per la strada fatta fino a qui".

Quest’anno il film “Io, capitano“ ha acceso un faro su una delle rotte migratorie più pericolose al mondo. La sua.

"L’ho visto anch’io al cinema. Ci sono tantissimi film che non rispecchiano la realtà. ‘Io, capitano’ è fatto veramente per dare la voce, per comunicare quello che accade sul percorso di strada che abbiamo fatto. È una realtà vissuta, sulla mia pelle. Da protagonista di me stesso l’ho visto andando oltre l’emozione. Mi sembrava di anticipare certe scene con la mente, ripensando al mio viaggio, e le vedevo riportate così. Consiglio a chi non lo ha ancora visto di vederlo: è una realtà incredibile, che nessuno può immaginarsi. È davvero così. Anche peggio di così".

Anche per quello ha scelto questo lavoro e questi studi?

"Sì. Tantissimi ragazzi partono oggi verso l’Europa pensando a un lavoro sicuro, a un futuro migliore, senza sapere come si vive qui. Ed è difficile trasmettere messaggi. Avere di fronte a te una persona che ha vissuto le stesse cose è d’aiuto".