MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Yuri strangolato nei Navigli, il massaggio cardiaco dell’istruttore eroe: “Da papà, ho pensato a mio figlio”

Kevin Galeano Vargas, guida subacquea, ha prestato i primi soccorsi al giovane di 23 anni insieme alla polizia dopo l’agguato

Yuri Urizio (a sinistra) e Kevin Galeano Vargas

“C’era sangue dappertutto. Non ci ho pensato un attimo e sono intervenuto per soccorrere il giovane che era rimasto inerme sul marciapiede, con il volto tumefatto. Gli ho praticato il massaggio cardiaco e sono riuscito a rianimarlo, tenendolo in vita finché non è arrivata l’ambulanza". Una scena che Kevin Galeano Vargas non riesce a togliersi dalla mente. Trentaquattrenne nato in Italia, di origine colombiana, è stato il primo a soccorrere Yuri Urizio insieme alla polizia la notte tra martedì e mercoledì in viale Gorizia.

È un paramedico?

"Non sono un paramedico ma istruttore subacqueo abilitato agli interventi di primo soccorso (oltre a essere un imprenditore, con un locale in zona e gestore di un’agenzia di comunicazione), quindi sapevo cosa fare: ho praticato il massaggio cardiaco a quel ragazzo e ho cercato di tamponare le ferite alla meglio, anche se la situazione mi sembrava disperata: il ragazzo stava perdendo molto sangue, ho avuto l’impressione fosse ferito in più parti del corpo con un oggetto appuntito, forse un coccio di bottiglia. Non riuscivo neppure a distinguere i lineamenti del suo volto perché era molto gonfio e coperto di sangue. Il mio obiettivo era tenerlo in vita, così ho continuato a praticargli il massaggio cardiaco fino all’arrivo dell’ambulanza, per 10-15 minuti. Ho anche cercato di tamponare le ferite ma il sangue era troppo. Sono tornato a casa alle 4 del mattino, stremato e sporco di sangue a mia volta. Ma rifarei tutto quello che ho fatto, mi dispiace solo che tutti i miei sforzi siano stati inutili perché il ragazzo non ce l’ha fatta, morendo due giorni dopo in ospedale".

Non si è voltato dall’altra parte. Qual è stata la molla che l’ha fatta scattare?

"Sicuramente in quel momento ho agito d’istinto. Ma rifarei tutto, anche con il senno di poi. Perché sono un papà e penso a mio figlio: mi auguro non capiti mai che venga aggredito per strada ma non si sa mai. Ecco, se dovesse succedere, vorrei che le persone non si girassero dall’altra parte. Che qualcuno lo aiutasse. Esattamente come ho fatto io con questo ragazzo sconosciuto. Non riesco a darmi pace per il fatto che non ci sia più: quando ho saputo della sua morte mi sono sentito male".

Se potesse parlare con i suoi familiari, cosa direbbe loro?

"Non direi nulla, starei in silenzio. Perché in un momento così non serve a nulla parlare. Nessun discorso, nessuna parola potrà riportare in vita Yuri: meglio il silenzio, far sentire la vicinanza in un’altra maniera. Io avrei tanto voluto salvargli la vita e adesso non trovo nessuna parola adatta. Ma il mio pensiero corre sempre a quel momento, non dimenticherò mai quella scena e il volto di Yuri. Sto riflettendo molto su questa esperienza".

E che cosa pensa?

"Sono sconcertato dal fatto che la violenza sia sempre più presente sulle strade: la vita perde valore, basta un nulla a scatenare la rabbia e a far scattare la brutalità. Questo non è accettabile. Da papà, ripeto, non posso non pensare a mio figlio e al mondo sempre più brutto in cui si troverà a vivere".