Milano – Zone rosse. Cinque luoghi sorvegliati speciali da ieri fino al 31 marzo. Il provvedimento disposto dal prefetto Claudio Sgaraglia fa già discutere: i cittadini si dividono tra favorevoli e scettici. E gli avvocati del Consiglio direttivo della Camera penale lanciano l’allarme.
L’ordinanza prevede che nelle zone di Duomo, Darsena e Navigli e nelle aree Fs di Centrale, Porta Garibaldi e Rogoredo (più il quartiere Corvetto) sia vietato “stazionare” per soggetti che “assumano atteggiamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti” e con precedenti per droga o reati contro la persona, furto con strappo, rapina, danneggiamento, detenzione e porto abusivo di armi o oggetti atti ad offendere. Se “pizzicate“ dalle forze dell’ordine, queste persone potranno essere immediatamente allontanate. I trasgressori rischiano fino a 3 mesi di carcere.
“Bene che ci siano più controlli – commenta Antonia, ottantenne – soprattutto in corso di Porta Ticinese che è un luogo caldo di movida. A volte pericoloso”. Enzo Ferrario invece si dice “perplesso”. Perché? “Perché penso che difficilmente chi sgarra avrà delle conseguenze”. Intanto da ieri i controlli sono più serrati nei cinque luoghi sensibili. In Darsena i carabinieri hanno identificato più persone tra “collezionisti d’alcol“ e “sospetti“. In Porta Garibaldi occhi puntati sulle bande di giovani che continuano a radunarsi in piazza Freud soprattutto dal pomeriggio in avanti.
Intanto la Camera penale di Milano contesta ufficialmente l’ordinanza della Prefettura. “Sembra proprio che Milano voglia anticipare i tempi, introducendo per via amministrativa una parte del progetto securitario contenuto nel “ddl sicurezza” in discussione al Senato e sul quale anche il Consiglio d’Europa ha espresso proprio in questi giorni riserve e allarmi”, scrivono i penalisti. “Per questo noi non possiamo tacere. Anche se ci circonda un silenzio assordante”. Tre i punti critici sollevati: “Diritti tutelati a livello costituzionale compressi con provvedimenti dai contenuti che rimandano a categorie impalpabili (atteggiamenti aggressivi? Concreto pericolo per la sicurezza pubblica?)”. E ancora, che il provvedimento si rivolga “a persone destinatarie di mera segnalazione all’autorità giudiziaria è un dato altrettanto preoccupante, contrario al principio della presunzione di non colpevolezza e peraltro anche al buon senso”. Infine, concludono i penalisti: “sorprende che la Prefettura adotti tale provvedimento nonostante analoghe ordinanze siano state annullate dai giudici amministrativi proprio per le ragioni esposte (genericità dei presupposti e inammissibili presunzioni legate precedenti di polizia non verificati)”.