DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Alessio Bertallot e il suo Dioniso: “Scatena reazioni come Brian Eno”

Musicista e dj di trasmissioni cult come B Side presenta una narrazione sonora del dio greco ai Bagni Misteriosi di Milano

Alessio Bertallot

Milano, 9 luglio 2024 –  B Side: Altri suoni . Così il jingle. Ogni notte. E improvvisamente era come essere al centro del mondo (musicale). Quando ancora non c’era il web e i dischi andavano comprati, spulciando bancarelle a Milano, Londra, Berlino. Oppure te li faceva scoprire la trasmissione cult di Alessio Bertallot su Radio Deejay. A cavallo del millennio. Prima di trasferirsi oggi su Capital. Ma questa volta non è sufficiente accendere la Brionvega. Bisogna uscire e andare a teatro. Al Franco Parenti. Dove stasera è protagonista di "Djoniso", alle 21.30 nell’arena estiva dei Bagni Misteriosi. A lui il compito di curare la narrazione sonora del lavoro scritto e interpretato da Lucilla Giagnoni. Un viaggio alla ricerca del dio simbolo dell’energia vitale, dell’istinto, della furia creativa, dell’anticonformismo.

Muovendosi fra parole e musica. Bertallot, chi è per lei Dioniso?

"Forse il suo fascino risiede proprio nella difficoltà di definirlo. Rappresenta archetipi diversi e in questa molteplicità c’è la sua natura. Che per noi è diventata occasione per un dialogo fra i testi classici di Lucilla e alcune analogie musicali. Ognuno muovendosi nel proprio mondo".

Quali sono queste analogie?

"Una delle più forti credo sia quella con Brian Eno. Dioniso è anche una divinità che non spiega i perché delle cose che accadono, getta lì alcuni elementi che poi causano reazioni e letture. I processi creatori di Eno hanno spesso questa natura, vivono di vita propria ma scatenano altro: la musica generativa, il minimalismo americano, l’ambient. Credo sia un simbolo forte, tanto che sul palco utilizzo Scape, una delle sue app per intervenire anche dal punto di vista scenografico".

Come funziona?

"Ti permette di mettere in gioco più elementi, senza che questi dipendano esclusivamente dal caso. Ogni oggetto grafico si lega a parametri musicali ma ti lascia un margine creativo. Non è stato pensato per quello che facciamo, è un esperimento. Ma c’è qualcosa".

Quali altre musiche porta sul palco?

"Sono molto legato alla storia di Amy Winehouse come autrice. L’immagine che si ha spesso di lei è quella della cantante un po’ sciroccata di retro soul e lì ci si ferma. Ma se si vanno a leggere i suoi testi, puoi percepire tutta la tragedia della sua vita, questo continuo tornare al nero, alla depressione. Una tragedia in senso classico, che rimanda al tema del sacrificio".

Ogni sera interviene anche un giovane musicista?

"Sì, un talento non ancora del tutto scoperto o ben raccontato. È il momento in cui Dioniso appare, l’irruzione della realtà che va a spezzare il flusso romanzesco. Se avremo la fortuna di andare in tournée, mi auguro che questi inviti vadano a definire un’istantanea dello stato dell’arte della nuova musica italiana. Intanto stasera ci sarà con noi Cecilia Del Bono".

Il tema della scoperta del nuovo, le è abbastanza caro da sempre.

"Fin dal 1996. In questo caso il teatro permette un’attenzione diversa che in tanti meritano. Far emergere il valore di questi artisti, la bellezza delle loro canzoni è un po’ la mia utopia".

Ha l’impressione di avere lasciato un segno con B Side?

"Incontro spesso persone che mi dicono di essere cresciute con la trasmissione. Credo quindi di sì".

Oggi cosa è cambiato?

"Tutto, compreso il mio ruolo. All’epoca suonavo dischi che compravo in giro per il mondo, oggi sono un selezionatore di quella enorme biblioteca musicale che ognuno di noi può avere nella propria tasca. James Hillman parla di "tempi di intossicazione ermetica", facendo riferimento a Ermes o Mercurio, la divinità messaggero, legata alla comunicazione. Siamo intossicati dal troppo, qualche aiuto su come come muoversi nel caos può essere utile".

Che periodo è per la musica?

"È molto facile produrre ma è molto raro che qualcosa cresca e diventi albero. Alcuni generi si sono omologati, perdendo riconoscibilità autoriale, come la trap. Forse a trasformarsi rimane il linguaggio. Ma è difficile intercettare qualcosa che ha la forza per rimanere".