DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Arianna Porcelli Safonov a teatro a Milano: vivo isolata sugli Appennini e porto in scena le paure di oggi

Una vita tra social e festival, ai Bagni Misteriosi del Parenti con “Fiaba-fobia”

Arianna Porcelli Safonov vive isolata sugli Appennini in un luogo raggiungibile soltanto a piedi

Arianna Porcelli Safonov vive isolata sugli Appennini in un luogo raggiungibile soltanto a piedi

Milano – Mentre si chiacchiera , è come incorniciata da un coro di cicale: Arianna Porcelli Safonov vive infatti isolata da qualche parte sugli Appennini. Un Giovanni Lindo Ferretti della comicità. Nonostante spopoli fra social, festival, teatri. Domani la si rivede anche a Milano, alle 21.30 ai Bagni Misteriosi del Franco Parenti con “Fiaba-fobia”. Satira sociale sulle paure contemporanee. Con sfumature politicissime. Grazie a una scrittura meticolosa, buffa, letteraria. Di chi non transige sull’importanza delle parole. Anzi.

Arianna, sul web è definita «favolista».

"In passato ci sono state cose ancora più curiose: “attriccetta piacente”, “personalità di Internet”. Favolista non mi sembra male".

Cosa succede in «Fiaba-fobia»?

"Racconto gli atteggiamenti che abbiamo di fronte alle paure, in questo nuovo millennio dove siamo spinti a costruirci personalità del tutto apparenti, a cui è ben difficile aderire. Aspetti che possono legarsi alle classiche fobie sui ragni e l’acqua alta. Oppure avere un respiro più collettivo, paure di tendenza che diventano timoni sociali".

Cosa intende?

"Sono quelle paure scaturite dal vissuto storico che però col tempo proviamo quasi piacere a diffondere per non sentirci soli e che finiscono per prendere una deriva delirante: dal Covid al musulmano in metropolitana con lo zainetto, che se ne vediamo uno cerchiamo subito complicità con un altro passeggero bianco occidentale, ci facciamo l’occhiolino. È questo l’orizzonte su cui scherzo. Ma muovendo sempre dall’autobiografico".

Partiamo da lì allora.

"Prima di tutto ho paura del buio, sentimento con cui lotto e che alimento, visto che ho scelto di abitare sugli Appennini, in un luogo raggiungibile solo a piedi. Quando chiudo la macchina e mi avventuro nel bosco, riemerge questo timore atavico che contrasto chiacchierando con me stessa. Ma ho problemi anche quando devo volare e con i serpenti, animali terribili. Ogni tanto in giro sembra che balli il flamenco".

Portare sul palco le proprie fobie è un modo per affrontarle?

"Senza dubbio. Psicoterapia pura. Sono più a mio agio in scena che nella vita di tutti i giorni".

Eppure per anni ha lavorato come organizzatrice di eventi internazionali.

"Diciamo che sono a mio agio nella furia. Eliminando il mio vecchio lavoro l’ho trasferita sul palco, anche se avrei dovuto farlo a vent’anni perché in realtà non ne ho le forze. Non sono un’attrice di formazione, non sono abituata a cambiare piazza ogni sera, non riconosco nemmeno le persone che mi parlano".

Cosa ha provato lasciandosi tutto alle spalle per dedicarsi alla scrittura?

"Giustezza. Non avevo una retribuzione equiparata allo sforzo e alle responsabilità che mi venivano richiesti. Sentivo il bisogno di darmi quel valore che il mercato non mi riconosceva".

Sui social è a suo agio?

"Sono strumenti che permettono di fare a meno delle figure intermedie, di quella sensazione di provino perpetuo. Per proporre invece in maniera diretta al pubblico i propri contenuti. Li vivo come un luogo di lavoro: tiro su la saracinesca, faccio quello che devo fare e me ne vado. Ma i social sono cambiati da quando ho aperto i miei profili. Oggi si pensa che ogni riflessione ti appartenga, come fossi un’opinionista. La satira è declassata e più che un pubblico c’è una tifoseria che ti sceglie perché d’accordo con te su qualcosa, non perché semplicemente ti trova divertente. Dinamica pericolosa per chi lavora sui paradossi tematici".

Frequenta ambienti con una leggera predisposizione allo snobismo: è qualcosa che respira nei confronti dei suoi progetti?

"Dubito che la comicità sarà mai seguita con attenzione dal Premio Strega. Ma in qualche modo è anche nella natura della satira nutrirsi della contrapposizione con l’istituzione".

Cosa l’ha delusa in queste stagioni?

"La televisione. Sono cresciuta negli anni 90, anche le trasmissioni più trash avevano la capacità di comporre immaginari, di rimanere. Oggi continuano ad esserci degli ottimi autori ma manca la volontà di portare in video qualcosa di non scontato, spesso nascondendosi dietro la scusa che è quello che vuole il pubblico. Ma non è così".

Serate indimenticabili?

"Al Festival della Bellezza. Un luogo alimentato da personalità come Galimberti, Cacciari, Bergonzoni, dove si sviluppano temi all’apparenza ermetici perfino per i filosofi. Eppure da tempo mi chiamano per proporre un intervento inedito che parta da uno sguardo culturale differente: satirico e popolare. Una visione del pensiero che condivido profondamente".

Forse se ne accorgeranno anche allo Strega.

"Chissà, lo capiremo meglio quando riuscirò a scrivere il mio terzo libro".