ROBERTA RAMPINI
Cultura e Spettacoli

Arturo Brachetti il trasformista: "Ma questa volta sono proprio io e vi confesso tutti i miei segreti"

Il poliedrico artista apre la trentaseiesima edizione del Festival di Villa Arconati: "Il pubblico scrive su foglietti e mette in uno scatolone le domande. Io rispondo a quelle più curiose"

Arturo Brachetti

Arturo Brachetti

Bollate (Milano) – «Non è uno spettacolo , è molto di più. È un incontro con il pubblico in cui mi racconto, tra confessioni, ricordi, aneddoti, ombre cinesi e piccole sorprese". La premessa è d’obbligo per Arturo Brachetti, l’uomo dai mille volti, che in un battito di ciglia (o forse due) è capace di trasformarsi in mille personaggi. Sarà lui, domani alle 21, con “Arturo racconta Brachetti“ ad aprire la 36ª edizione del Festival di Villa Arconati a Bollate.

Cosa si deve aspettare il pubblico?

"La serata nasce proprio dalle domande che il pubblico scrive su foglietti di carta e mette in uno scatolone. Io rispondo a quelle più curiose e divertenti, da cinque anni sono diventate il filo narrativo delle serate. È un modo insolito per dialogare con il pubblico, senza maschere e trasformismi, ogni serata è diversa dalle altre, anche se ci sono pezzi di repertorio e non mancheranno le mie creazioni con la sabbia".

Come mai la scelta di questo format?

"Dopo oltre quarant’anni in cui mi trasformo ho pensato di portare il pubblico ‘dietro le quinte’ della mia vita, racconto dei miei esordi a Parigi nel lontano 1979, della mia statua al Museo delle cere Grévin di Parigi di cui vado molto orgoglioso, dei miei maestri come Macario e Ugo Tognazzi, dai quali sento di aver imparato tanto. Senza dimenticare le ombre cinesi che il pubblico ama moltissimo, i sonetti di Paolo Paoli e le mille fantasie di un ragazzo che voleva diventare regista o prete".

Quanto assomiglia Arturo ai personaggi che porta sul palcoscenico?

"Di sicuro sia nella vita che sul palco sono un curioso, che non finisce mai di stupirsi. Nonostante i 67 anni, ho ancora tanti traguardi che voglio raggiungere. Per esempio qualche anno fa quando canticchiavo dietro le quinte per riscaldare la voce prima di uno spettacolo tutti mi dicevano che era impossibile ascoltarmi. Dopo la pandemia da Covid ho deciso di fare un corso e ho scoperto di avere un bel timbro di voce e ora sono bravo anche a cantare".

E l’inconfondibile ciuffo che la reso famoso in tutto il mondo?

"Tra le domande del pubblico ce n’è sempre una proprio sul ciuffo, mi chiedono qual è il segreto per tenerlo su. Il ciuffo è un omaggio alla Mole Antonelliana di Torino, la mia città, e anche alla torre Eiffel. A Parigi sono l’italien avec la Tour Eiffel sur la tête. Il ciuffo ce l’ho anche nella vita di tutti i giorni, l’unico problema è riuscire ad andare in bici senza spettinarlo".

Il Guinness Book of Records l’annovera come il più veloce trasformista del mondo. Lei come si definisce?

"Mi definisco un Peter Pan tredicenne, imprigionato nel corpo di un pensionato 67enne che vuole continuare a volare con la fantasia, a sognare, a portare sul palcoscenico l’arte del trasformismo".

Ci svela uno degli aneddoti della serata?

"Ho avuto una vita intensa, sono molti i ricordi e racconti, ma per esempio pochi sanno che molti anni fa ho partecipato a una festa di gala per Re Carlo d’Inghilterra e la principessa Lady Diana".