Milano – L’inferno è fuori. Lontano dai tiepidi confini della propria nave, il transatlantico Virginian. Lontano dal pianoforte, da quei tasti in bianco e nero, conosciuti a memoria come gli angoli più polverosi della sala macchine. Onda su onda neanche fosse il divano della propria casa, senza dover affrontare il mondo, le speranze e le aspettative, gli amori e i compromessi. È una parabola poetica (disperatissima) “Novecento“ di Alessandro Baricco, monologo uscito nel 1994 per Feltrinelli e da allora sempre molto amato dai palcoscenici. Tanto che il Piccolo Teatro ha deciso domani di festeggiarne il trentennale con una giornata speciale di festa. Si torna all’origine: alla parola. Alla narrazione. All’uomo solo nel suo labirinto, armato unicamente di una storia da raccontare. In questo caso lo stesso scrittore torinese, pronto a leggere in prima persona le vicende del suo Danny Boodman, dopo averle affidate a un’infinità di interpreti. Ché certi amori non finiscono. Fanno dei giri immensi. E poi ci si ritrova lì, davanti al microfono.
“Era da un po’ che covavo questa idea – spiega Baricco –, dopo tanti anni di messe in scena, in ogni parte del mondo, ho pensato che tornare alla voce originaria potesse essere una cosa interessante, per me e per il pubblico. Così ho messo in piedi questa produzione, immaginando uno spettacolo elegante, leggero, essenziale ed emozionante. Ho chiesto a Nicola Tescari di farmi delle musiche originali, da usare registrate, non live. E poi con Tommaso Arosio e Eleonora De Leo ho cercato un’impaginazione. Non proprio una scenografia e una regia, ma un’impaginazione giusta per quello che volevo fare: leggere”. Replica unica. Alle 21 allo Strehler.
Per seguire le peripezie musical-oceaniche di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento. Un nome, un passato. Visto che mette insieme la carta d’identità del marinaio che lo trova per caso (e che gli farà da padre); la scritta sulla scatola di limoni in cui era stato abbandonato; l’anno di nascita. Per tutti però sarà sempre e solo Novecento, il più grande pianista del mondo. Se solo quel mondo volesse mai affrontarlo, scendendo una benedetta volta dal transatlantico. Ma negli anni Venti, in bilico fra le due guerre, è in mare aperto che trova la condizione ideale dove crescere, vivere, suonare. Soprattutto per chi viaggia in terza classe, gente che non può permettersi manco di cambiare la valigia di cartone. Ascoltando il suo pianoforte, il viaggio sembra quasi più breve. Mentre lui sfugge ai dolori, ai lutti, agli amori non corrisposti.
Viva Novecento, allora. Festeggiato anche nel pomeriggio con due appuntamenti gratuiti, organizzati insieme alla Scuola Holden. Alle 17 un Open Mic, dove chi ha studiato teatro può provare a portare il suo frammento di libro. Alle 18.45 lectio magistralis tenuta dal regista Gabriele Vacis, gran maestro della narrazione. Atmosfere completamente diverse invece al Grassi di via Rovello, dove c’è spazio per un’altra pagina di storia del Piccolo. Alle 19 è in programma infatti l’anteprima di “Giulia mia cara! Giorgio”, il documentario di Maria Mauti, creato sulle lettere che Strehler scrisse a Giulia Lazzarini. Un omaggio all’attrice milanese, presente in sala con la regista. Ma anche alla città. E ai suoi teatri.