ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

"Wild world", incubi urbani firmati Bastille

Dan Smith approda martedì prossimo al Forum con i suoi Bastille per dare fuoco alle polveri di "Wild world"

Dan Smith

Milano, 7 febbraio 2017 -  E’ un mondo selvaggio. Il Dan Smith decollato del video di «Good Grief» approda martedì prossimo al Forum con i suoi Bastille per dare fuoco alle polveri di «Wild world», album a miccia lunga pubblicato lo scorso settembre per dare eco alla deflagrazione del predecessore «Bad blood», 4 milioni di copie nel mondo più 11 milioni di singoli grazie ad hit come «Laura Palmer» e «Pompeii». «Negli ultimi quattro anni, penso di essere invecchiato almeno di dieci» scherza il cantante inglese col pensiero agli oneri e agli onori della fama. «Anche se assieme ai miei compagni, abbiamo cercato di mantenere le amicizie di prima e frequentare, compatibilmente agli impegni, gli stessi bar e gli stessi club». Il mondo raccontato dai Bastille è una giungla d’asfalto che poco gli somiglia. «Se ‘Bad blood’ era focalizzato sui nostri problemi di crescita e relative ansie, il secondo prova a dare un senso al mondo che ci circonda, tanto per come lo percepiamo quanto per come ci viene raccontato dai media. Una collezione di ‘storie’, prima ancora che di canzoni.

«Non a caso la scaletta dello show è divisa in gruppi di 5 canzoni, ciascuno con un tema. Il primo ha a che fare con l’architettura, il secondo con il controllo, ma ‘Four walls’ parla di pena capitale e si fonde con quella ‘Blame’ accompagnata sugli schermi da spezzoni di filmati militari e immagini di rivolte». Insomma, i diversi episodi di un film affastellati uno sull’altro con quel gusto cinéphile già messo in mostra nel primo album dei Bastille. E questo sebbene il nome del gruppo abbia poco a che fare col grande schermo e molto col tramonto dell’ «ancien régime» parigino. «Per una bizzarra coincidenza mi sono messo a cercare un nome alla band pochi giorni prima dal mio compleanno che, cadendo il 14 luglio, giorno della presa della Bastiglia, ha così condizionato la scelta» spiega Smith, precisando che la narrazione vuol essere divertente e inquietante allo stesso tempo. «Nello show ci sono riferimenti a ‘1984’ e a pellicole distopiche come ‘Brazil’ o ‘Blade Runner’, ma anche immagini di quelle telecamere di controllo sparse in ogni angolo che finiscono col calare le nostre città in un’atmosfera paranoica».

Tutto, ovviamente, con un taglio molto, molto, cinematografico «grazie ai tre enormi schermi che testimoniano il nostro amore per il cinema e per i modi di celluloide a cui sono ispirate molte canzoni». Ancora più eloquente il designer del palco Rob Sinclair. «Per questo tour nelle arene volevamo un elemento architettonico imponente e quasi intimidatorio» spiega. «E l’emblema più evidente di questa nostra voglia di kolossal sono le due statue di fil di ferro sedute sopra lo schermo frontale. Rappresentano i due ragazzi della copertina dei ‘Wild world’ ed hanno preso parte praticamente ad ogni show e ad ogni promozione di ‘Wild world’ messa in campo finora; mi piace dire, quindi, che ormai li trattiamo come fossero pure loro membri della band. Fin dalla nostra prima conversazione, infatti, Dan mi ha detto che avremmo potuto utilizzare come filo narrativo dello show e degli eventi promozionali legati al nuovo disco questa sua idea di una società segreta capace di sapere e di vedere tutto. È nata così la WWCOMMS, Wild World Communications, entità immaginaria che in questo incubo orwelliano può significare qualsiasi cosa vogliamo significhi».