ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Billie Eilish, il futuro del rock in concerto al Fabrique di Milano

L’artista diciassettenne con milioni di followers ha mostrato di saper lasciare l’impronta più profonda nella musica per adolescenti e non

Billie Eilish

Milano, 21 febbraio 2019 - Depressi di tutto il mondo unitevi. Billie Eilish, la centennial dai capelli improbabili e il broncio, sbarca stasera al Fabrique circondata da un’attesa ben oltre i livelli di guardia. L’ennesima introversa dai vestiti baggy in overdose da successo? Non proprio. Con quella voce dalla lievità oscura, Billie Eilish Pirate Baird O’Connell è probabilmente l’eroina dell’elettropop più in voga del momento, quella che negli ultimi due anni ha mostrato di saper lasciare l’impronta più profonda nella musica per adolescenti e non. Così “ossessione” diventa forse il termine più indicato per esprimere la mobilitazione giovanile attorno a questo suo debutto milanese, già spostato in estate dal Santeria Social Club al più capiente locale di via Fantoli che, esaurito in poche ore, ha indotto l’eroina di “Bellyache” a mettere in agenda un nuovo appuntamento, il 31 agosto a Rho sul palco di Milano Rocks nella stessa giornata dei Twenty-One Pilots. Per la cantante californiana, imperatrice dei social con milioni di followers annidati negli angoli pure più remoti del pianeta, sentirsi definire a soli 17 anni il futuro del rock da un “mammasantissima” come David Grohl non deve essere stato facile. “Le sta succedendo esattamente quello che successe ai Nirvana nel 1991”, ha detto il leader dei Foo Fighters.

“Le gente si chiede: il rock è morto? Quando vedo personaggi come Billie Eilish, capisco che il rock non è ancora morto”. Roba da far tremare i polsi. La carriera della tristanzuola icona della Generazione Z è cominciata in rete a 15 anni, su SoundCloud e i numeri sono subito stati dalla sua parte a giudicare dai 70 milioni di views su YouTube e dagli oltre 200 milioni di stream su Spotify messi a bilancio da “Ocean Eyes”, il singolo a cui è seguito l’ep “Don’t smile at me”. Ora è il momento del primo album “When we all fall asleep, where do we go?”, sul mercato dal 29 marzo. Billie l’ha scritto, prodotto e registrato nella cameretta del fratello Finneas, immersa nel clima familiare della casa dei genitori ad Highland Park, Los Angeles. “Mio fratello è anche il mio migliore amico e la cosa rende tutto più semplice perché fra noi c’è una sincerità totale”, assicura. “Ci conosciamo alla perfezione e creare arte in queste condizioni diventa facile”. Pure i videoclip un po’ sinistri della Eilish hanno avuto un ruolo nella nascita del fenomeno; quello di “Bored” la mostra mentre canta seduta su una scala sospesa tra le nuvole con l’espressione di chi ha tanta voglia di buttarsi giù ed è niente a confronto di “When the party’s over”, in cui la minidiva di origini scozzesi/irlandesi compare col visino rigato da lacrime nere come l’inchiostro, o di “You should see me in a crown”, in cui vomita vedove nere, o, ancora, di una quella “Bury a friend” in cui si mostra all’interno di uno pseudo-manicomio con la schiena trafitta da siringhe.

Ragazzate (si spera) che l’hanno trasformata però in un personaggio sinistro e dark. Molte adolescenti sono arrivate alla musica di Billie grazie ai link correlati alle canzoni di un’altra allegrona dello stardom americano quale Lana Del Rey. “Per me Lana è una dea”, giura lei. “Sono cresciuta ascoltandola e l’album ‘Born to die’ rimane un riferimento imprescindibile della mia infanzia; la sua musica è frutto di tante influenze diverse, e quindi non riconducibile a un solo genere, proprio come la mia”. La scrittura cupa e oscura di tante canzoni proviene presumibilmente da lì. “Pure io non sono mai stata una ragazza allegra”, conferma. “Gran parte del pop che senti in giro è ottimista, energico, e trasuda amore per se stessi, mentre io, invece, mi detesto”. E ti pareva.