Milano, 14 gennaio 2025 – “Divertente, ironico, generoso. Non dimenticherò la tre giorni che gli fu dedicata dagli amici, per i suoi 80 anni, in Triennale... Dovevate vedere la sorpresa quando, salito sul bus, ne ha trovato trenta che indossavano le maschere con la sua faccia!”. Stefano Boeri, architetto, presidente di Triennale Milano ricorda Oliviero Toscani, venuto a mancare all’età di 82 anni (ne avrebbe compiuti 83 il 28 febbraio), dopo una grave malattia. E i ricordi affiorano, insieme ai sorrisi, e agli aneddoti.
Come l’ha conosciuto?
“Tanti anni fa, con Massimo Moratti. Io lavoravo per l’Inter, sono molto interista (ride) e pure lui era molto interista. Aveva fatto le foto della squadra, erano gli anni ’90. Così siamo diventati amici. Sempre ricordando l’Inter, ecco che mi viene in mente un viaggio avventuroso che ho fatto con lui. Siamo andati con un bimotore a elica piuttosto scalcinato a Madrid, a vedere la finale di Coppa dei Campioni, nel 2010, un viaggio fantastico, lui continuamente fotografava tutti i visi e attraverso le espressioni raccontava le attese, gli incubi...”.
Ma la partita non fu un incubo...
“No, no, l’Inter vinse, fu l’anno del Triplete...gioia pura”.
Un altro ricordo...
“Beh questo è anche legato ad un rimpianto, a quando ero assessore alla Cultura di Milano. Mi propose di fare una scuola di fotografia a Palazzo Reale, in modo che nella sala delle Cariatidi potessimo esporre tutti i progetti dei giovani che volevano fare fotografia, e lui avrebbe fatto da grande maestro. Purtroppo mi fu tolta la delega da assessore e il sindaco di allora, Giuliano Pisapia, mi fece fuori e il progetto non si è mai realizzato”.
Non gliela perdona a Pisapia?
“Non serbo nessun rancore. Mi è solo dispiaciuto non poterlo accontentare perché era un progetto importante per Milano. Oliviero era molto generoso”.
Ma anche una presenza ingombrante, un unicum, nel suo genere.
“Sì. Ma una presenza straordinaria per tutte le nostre vite. Ha usato la fotografia come strumento di denuncia civica e politica, ha rotto schemi, codici, ha segnato in maniera unica la storia della comunicazione e della pubblicità del nostro Paese”.
Lascia allievi, tanti sono cresciuti alla sua scuola.
“Ricordo l’incontro e l’amicizia con Giovanni Gastel, che purtroppo ci ha lasciato troppo presto. Anche qui mi viene da sorridere, se penso a come si sono conosciuti. Giovanni era andato a presentare il suo portfolio al marito della Gisella Borioli, Flavio Lucchini. Flavio e Oliviero stavano litigando furiosamente. Giovanni diceva di aver sentito urlare fin dal corridoio: “Non me ne faccio niente delle tue fotograifie, preferisco prendere il primo str..zo che passa di qua...“ Oliviero apre la porta e si trova lì davanti proprio Giovanni! Da quel momento Gastel ha cominciato a lavorare con successo nella moda. Questo episodio se lo raccontavano continuamente, divertendosi, erano diventati molto amici”.
Torniamo a quel 28 febbraio 2022. Gli avete fatto proprio un bel regalo. Lui arriva, voi andate a prenderlo con un pulmino, tutti mascherati e mentre gira per Milano si gode la mostra diffusa, un omaggio della città dove è nato, oltre 150 fotografie installate sui supporti messi a disposizione dal Comune di Milano e sui wall di Urban Vision.
“Sì, memorabile. Con lui che diceva “non mi immaginavo di arrivare a questa età così lucido“. In Triennale abbiamo organizzato, il 4 e il 5 marzo, la proiezione del film documentario (Chi mi ama mi segua), la presentazione della sua autobiografia e incontri con personalità di rilievo del mondo della cultura sui temi legati all’immagine”.
Cosa ci mancherà di lui?
“Il metodo. La capacità di sollevare dei temi. Lui è stato un grande politico radicale. Chiamarlo fotografo è riduttivo”.
Toscani amava ripetere che “ogni fotografia è un pezzo unico, non si devono avere complessi nei confronti dell’arte tradizionale“. L’arte non ha morale“.
Boeri è d’accordo?
“Sì, l’arte ci interroga sul presente che viviamo. Oliviero è stato incisivo, è riuscito attraverso immagini potenti (come la modella mostrata senza veli, e poi morta di anoressia, ndr) a smuovere il senso comune, ci ha aiutato a farci delle domande. In questo senso ha fatto politica, o meglio biopolitica. La fotografia come capacità di catturare il mondo con una strategia, resterà un’arte unica. E in questo lui è stato un grande Maestro”.