Milano, 4 aprile 2020 - Una parola al giorno per trenta giorni, un mese di riflessioni e pensieri che andranno a costruire una "letteratura del ricordo". È l’invito che Massimiliano Finazzer Flory, regista e attore teatrale, lancia ai lettori in collaborazione con Il Giorno. Il drammaturgo propone una parola di stretta attualità legata al Covid-19, invitando i lettori a scrivere un breve pensiero (600-700 battute) in merito. Le riflessioni, da inviare all’indirizzo mail redazione.internet@ilgiorno.net, saranno pubblicate online e contribuiranno a costruire una memoria collettiva di com’erano la Lombardia e l’Italia ai tempi del coronavirus, accanto ai contributi che di giorno in giorno manderanno alcuni personaggi della cultura e dello spettacolo.
La parola odierna è MANI. Fino ad ora hanno scritto per noi:Giorgio Armani, Andrea Bocelli, Salvatore Veca, Ornella Vanoni, Dan Peterson, Antonella Boralevi, Quirino Principe, Gabriele Lavia, Laura Valente, Maria Rita Parsi, Gianni Canova, Gianni Quillico, Silvia Pascale, Stefano Bruno Galli, Edoardo Zanon, Fabio Scotto, Gilda Bojardi, Ico Migliore, Marconcini Alberto, Roberta Pelachin, Rosario Pavia, Ettore Messina, Giovanni Gastel, Edoardo Boncinelli, Giulia Carli, Pino Farinotti, Stefano Boldorini, Alberto Mattioli, Alberto Uva, Alessandra Miorin, Roberto Cacciapaglia, Sabrina Sigon, Angelo Argento, Anna Maria Cisint, Ilaria Guidantoni, Ivano Giulio Parasacco, Lavinia Colonna Preti, Letizia Moratti, Massimo G. Cerutti, Paolo Del Brocco, Pierluigi Biondi, Jacopo Rampini, Roberto Zecchino, Carlo Robiglio, Salvatore Carrubba, Corrado Sforza Fogliani, Giulio Giorello, Lorenzo Maggi, Alessandro Daniele, Alberto Mingardi, Monica Stefinlongo, Cesare Balbo, Elena D'Incerti, Giuseppe Mojana, Giulia Malaspina, Marco Nereo Rotelli, Michela Lucenti, Silvano Petrosino, Alessandra Marzari, Ariane, Deborah Cocco, Filippo Del Corno, Michele, Alessandro Pancotti, Maria Giulia Comolli, Franco Masanti, Alessandro Gabrielli, Girolamo Sirchia, Santo Rullo, Alessandro Daniele, Dori Ghezzi, Katia da Ros, Antonio Francesco Pollice, Maria Pia Ciaccio, Red Canzian, Cristina Veronese, Barbara Dei Rossi, Paolo Coppo, Carolina Labadini Mosti, Spartaco Rizzo, Roberta Usardi, Claudio Formisano, Roberto Rinaldi, Alberto Marconcini, Ilaria Massi, Giuseppe, studente di filosofia all'università Vita-Salute San Raffaele, Cristina Settanni, Cristina Salvador, Carmen, Alex Salmini, Eugenio Astorino Tutoli, Sofia Aloi, Lory, Cristina Barletta, Rosanna Calò, Graziano Camanzi, Raffaella, Miriam Merlo, Clara Canna, Riccardo, Fabrizio Gramigni, Luciano Vacca, Giorgio Piccaia, Elio Franzini.
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In questi giorni non possiamo usare le mani se non per prendere oggetti, e anche in questo caso con molta prudenza, lasciando il nostro rapporto con il mondo alla sola visibilità, a sacrificio del tatto. Proprio per tale motivo non dobbiamo dimenticare che le mani, il toccare, il costruire, l’amare sono uno dei modi essenziali per percepire la bellezza del mondo, delle cose, degli altri esseri umani. Sono un organo, come scriveva Condillac, “filosofo e profondo”, ricordando Aristotele, per il quale “l’uomo è il più intelligente degli animali grazie all’avere mani” o, forse, “ha ottenuto le mani perché è il più intelligente”. Bellezza, intelligenza, espressione: questo sorge insieme alle mani. Soltanto esse, scrive con poesia Lucrezio, compiono “gli atti ragionevoli del vivere” e al tempo stesso mostrano la volontà, sempre rinnovata, di esplorare il mondo, di farne una sola cosa con noi: sono il potere dei nostri sensi, la forza creativa del corpo che non si limita alla distanza dello sguardo ma pretende di esplorare l’universo intero, la sua forza, i suoi misteri, i suoi segreti.
Elio Franzini, rettore dell'Università degli Studi di Milano
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Mani che lavorano, mani di fata, che si stringono o che fanno a pugni, che accarezzano, si congiungono in preghiera e ci accompagnano nella conoscenza del nostro corpo e del mondo ogni momento. Delle mani non si può fare a meno, di solito l’una non è senza l’altra, se non nell’invito “dammi la mano” e allora due mani si intrecciano. Dalle nostri parti la mano è il saluto, segna il primo avvicinamento all’altro nella conoscenza che può divenire “darsi un mano” o “cadere in mano altrui”, sono la parola del corpo che accompagna lo sguardo. Su di esse ci appoggiamo nei primi passi ma poi le liberiamo perché rendano l’uomo umano, nel suo dialogo tra corpo e mente. Ora restano sole, appoggiate agli schermi dei computer per toccare l’altro come contro le sbarre di una prigione, allora talvolta le congiungo come se appartenessero a due corpi diversi, il saluto arabo che dice vicinanza e pudore, una stretta simbolica ma forte.
Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice
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COME DADI
Detenzione collettiva, improvvisa e obbligatoria. L'impossibile ci scuote. Come polline, fluttuiamo. Sospensione alla deriva, indecisa e transitoria. Striscia lungo strade vuote. Sulle quali penzoliamo. Siamo tutti appesi a un filo che mai avremmo immaginato, così forte da tenere tutto il peso di un pianeta. Oscilliamo sprovveduti sopra un vuoto contagiato, dal timore di cadere, e di perdere la meta. Ancorati a un porto chiuso. Ci adagiamo sulle spine. Con un piede sulla mina. Ed un altro sul confine. Ci fa sbattere sul muso, le valutazioni sciocche. Di pensieri delegati a parole d'altre bocche. Quella vita sequestrata. Ci risveglia l'intelletto. La davamo per scontata, mentre adesso svuota il petto. Ci accorgiamo finalmente, di valori e priorità. Malinconici e distratti, spenti come le città. Finalmente ci è concessa meraviglia ed incertezza. Questo vento non ha nodi. E si maschera da boia. Il terrore soffia forte, ci schiaffeggia e ci accarezza. Ci ha tirato come dadi. Parassita. Paranoia. Ma è tornato il tempo perso, lento ed indeterminato. E' possibile. E' diverso. Questo mondo spopolato. Finalmente si riposa. Mentre noi ci esoneriamo. Da una corsa frettolosa. Che ora riconsideriamo. La tragedia crea coraggio. Anticorpi e soluzioni. Trasformiamola in vantaggio. Dagli ostacoli a occasioni. C'è un'aria pulitissima e cinguettano gli uccelli. La vita non si ferma. Pensiamo a non sprecarla. Godremo della pioggia senza aprire più gli ombrelli. Nè chiedere conferma. Capaci di trovarla. La vita è straordinaria, ma comunque spaventosa. C'è solo un avversaria. La paura. Velenosa. Usiamo la ragione. Chiediamoci ogni cosa. Domande, non risposte. Paura di che cosa?
Lorenzo A. M. Di Nola
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Bussero (Mi)- 04/04/2021 (Un anno dopo)
“Mani”
Mi ricordo un anno fa quando un microscopico mostro attentò alla nostra salute ed alla nostra vita, cercando di insinuarsi nelle cellule dei nostri corpi, soprattutto in quelle dei nostri polmoni. Ci dissero che la pulizia e l’igiene, soprattutto quello delle nostre mani, erano essenziali per combatterlo ed evitare la sua trasmissione. Dovevamo evitare ogni contatto tra persone, come baci, abbracci e strette di mano.
Non fu facile per noi, popolo latino, abituato ad esprimere sentimenti e stati d’animo attraverso i gesti di braccia e mani. Il nostro continuo gesticolare è noto in tutto il mondo e diventa oggetto di scherno o di ammirazione o di invidia da parte dei popoli del Nord Europa, più controllati e freddi nell’uso di gesti, che rappresentino ciò che si sente “dentro”.
Il tipo di stretta di mano, segno di incontro amichevole o di rispetto, vigorosa e decisa o debole e “molle” può essere lo specchio del carattere di ciascuno di noi. Lavarsi spesso le mani e proteggerle con guanti diventò il mantra a cui conformarsi di quel periodo. Quelle stesse mani inguantate, che abili sarte, abbandonata la preparazione di vestiti per la moda, riconvertirono alla cucitura di mascherine protettive, di cui scoprimmo la grande carenza , ma l’estrema necessità nella lotta contro il mostro.
Ad un anno di distanza, il mostro è stato sconfitto. Le nostri mani sono tornate ad essere nude e non abbiamo più bisogno di indossare guanti. Siamo tornati a stringerci le mani, che è diventato un gesto ancor più significativo, perché sancisce il superamento di un pericolo, ottenuto insieme, grazie al rispetto delle regole ed al buon comportamento.
Roberto Rinaldi
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Mani due dieci dita si muovono scrivono dipingono e mangiano indicano lavorano. Cervello pensa comanda e loro/tu mano ricevi raccogli obbedisci e non vuoi sbagliare. E le mani si agitano e parlano spiegano il mio il tuo ragionamento. Mani che si toccano si accarezzano e ora pericolosamente ti infettano ti tradiscono ti sono ostili. Ora mani amiche e nemiche. O virus che viaggi sospeso e penetri con le mani nel corpo sempre in movimento aleggi nelle città deserte a tutte le ore in questa storia surreale e invisibile nella paura tutto regoli e disponi di me di noi identificati svelati scopriti verso l’umanità e ti vinceremo.
Giorgio Piccaia, artista
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Famoso atto d’irresponsabilità molte clessidre addietro quando il soldato in alta uniforme lasciò ad altri la decisione cruciale lavandosi con vigore virtuale le mani Sacro telaio in muscoli ed ossa che ha permesso il lento divenire dell’umanoide in umano recidendo il cordone ombelicale affrancandosi dall’origine bruta Dolosa presa ferrea di cappa e spada per difendere Colposa fucina grondante di sangue per offendere il fratello scempiando tutto intorno all’ego Attuale strumento di responsabilità da lavare con cura maniacale per salvare il fratello e l’ego evitare il suicidio sventare l’omicidio aspettando con ansia la Stretta!
Stefano Boldorini
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Mani..... forti, grandi, vissute come, delicate, piccole e precise. Loro racchiudono l’anima di tutti noi e loro sono segnate dalla nostra storia ardita o semplice che sia. Mai come in questo momento le Mani stanno dimostrando e facendo la differenza...... veloci, precise, instancabili le Mani dei sanitari, dei volontari, delle forze di polizia hanno nelle loro Mani la nostra vita, il nostro futuro..... proprio come su una grande parete, in un ardita scalata dobbiamo tenere stretta la presa e far sì che la Mano ci riportino nuovamente a vivere e sognare..... grazie Mani
Marco Confortola
Guida Alpina – Alpinista Himalaista con 11 ottomila saliti senza ossigeno
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13/03/2021
IL DOPOGUERRA/IL MEDICO
Di ritorno dal fronte, disarmato come soldato, rileggo le tue parole...
Dalle lese Mani esausta scivola a terra la borsa!
Livide Dita che si spiegano all’aculeato carico, quasi come chiome cedevoli al colpo di spazzola...
Rivoli argentei percorrono le trame segnate in solchi sul mio volto, nell’arrestarsi contro la barriera del sorriso.
Luce che nasce solare nel mio Io, mentre riassaporo... ... l’immagine del tuo viso.
Alessandra Miorin