Milano, 31 marzo 2020 - Una parola al giorno per trenta giorni, un mese di riflessioni e pensieri che andranno a costruire una "letteratura del ricordo". È l’invito che Massimiliano Finazzer Flory, regista e attore teatrale, lancia ai lettori in collaborazione con Il Giorno. Il drammaturgo propone una parola di stretta attualità legata al Covid-19, invitando i lettori a scrivere un breve pensiero (600-700 battute) in merito. Le riflessioni, da inviare all’indirizzo mail redazione.internet@ilgiorno.net, saranno pubblicate online e contribuiranno a costruire una memoria collettiva di com’erano la Lombardia e l’Italia ai tempi del coronavirus, accanto ai contributi che di giorno in giorno manderanno alcuni personaggi della cultura e dello spettacolo.
La parola odierna è CITTA' Fino ad ora hanno scritto per noi:Giorgio Armani, Andrea Bocelli, Salvatore Veca, Ornella Vanoni, Dan Peterson, Antonella Boralevi, Quirino Principe, Gabriele Lavia, Laura Valente, Maria Rita Parsi, Gianni Canova, Gianni Quillico, Silvia Pascale, Stefano Bruno Galli, Edoardo Zanon, Fabio Scotto, Gilda Bojardi, Ico Migliore, Marconcini Alberto, Roberta Pelachin, Rosario Pavia, Ettore Messina, Giovanni Gastel, Edoardo Boncinelli, Giulia Carli, Pino Farinotti, Stefano Boldorini, Alberto Mattioli, Alberto Uva, Alessandra Miorin, Roberto Cacciapaglia, Sabrina Sigon, Angelo Argento, Anna Maria Cisint, Ilaria Guidantoni, Ivano Giulio Parasacco, Lavinia Colonna Preti, Letizia Moratti, Massimo G. Cerutti, Paolo Del Brocco, Pierluigi Biondi, Jacopo Rampini, Roberto Zecchino, Carlo Robiglio, Salvatore Carrubba, Corrado Sforza Fogliani, Giulio Giorello, Lorenzo Maggi, Alessandro Daniele, Alberto Mingardi, Monica Stefinlongo, Cesare Balbo, Elena D'Incerti, Giuseppe Mojana, Giulia Malaspina, Marco Nereo Rotelli, Michela Lucenti, Silvano Petrosino, Alessandra Marzari, Ariane, Deborah Cocco, Filippo Del Corno, Michele, Alessandro Pancotti, Maria Giulia Comolli, Franco Masanti, Alessandro Gabrielli, Girolamo Sirchia, Santo Rullo, Alessandro Daniele, Dori Ghezzi, Katia da Ros, Antonio Francesco Pollice, Maria Pia Ciaccio, Red Canzian, Cristina Veronese, Barbara Dei Rossi, Paolo Coppo, Carolina Labadini Mosti, Spartaco Rizzo, Roberta Usardi, Claudio Formisano, Roberto Rinaldi, Alberto Marconcini, Ilaria Massi, Giuseppe, studente di filosofia all'università Vita-Salute San Raffaele, Cristina Settanni, Cristina Salvador, Carmen, Alex Salmini, Eugenio Astorino Tutoli, Sofia Aloi, Lory, Cristina Barletta, Rosanna Calò, Graziano Camanzi, Raffaella, Miriam Merlo, Clara Canna, Riccardo, Fabrizio Gramigni, Luciano Vacca, Giorgio Piccaia, Giorgio Pittore.
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NOI
Italo Rota, architetto
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La città è il simbolo della storia stessa della civiltà perché l’uomo appena ha potuto si è riunito in comunità e da nomade è diventato sedentario. Una rivoluzione epocale che ha dato origine alla democrazia, nelle città-stato greche, così come il radicamento ha creato la proprietà privata – il campo recintato, la casa con le fondazioni – l’identità da difendere e così sorgono le mura, mentre il potere si struttura. Nel tempo le città diventano delle concentrazioni di persone, idee, realtà diverse perdendo gradualmente il senso di comunità, luoghi spesso di estranei, ma aperte tendenzialmente al mondo e allora nascono nuovi fenomeni di aggregazione, reti e distretti. Oggi le città sono di nuovo isole raccontate dai monumenti e da reti invisibili di servizi, mute e vuote della loro anima: l’uomo. Piazze desolate come quelle di De Chirico. Per tanto tempo si è andati cercando il silenzio della domenica mattina, le città incantate senza turisti, oggi aspettiamo affannosamente il loro riempirsi, perché il futuro è nell’affollarsi dinamico che solo genera ricchezza di pensiero.
Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice del Mediterraneo
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CONTROTEMPO Verrà quel che verrà si direbbe riposto ogni sole in fondo alle tasche Non passeggio che con la mia mente interminabili cavallucci marini tuffi senza stacchi vertigini in montagna in città in fondo. Non trovo che una sabbia opaca granelli impossibili fantasticherie appannate sciarade incessanti sonni senza sonni inadeguate prodezze e acquerelli smeraldo nella scena incalzante, precoce.
Alessandro Pancotti, poeta
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Città chiuse città vissute dalla finestra città conquistate dalla natura. Architettoniche bellezze monumenti chiese selciati palazzi storia nella solitudine amara della nostra vita. Umana importanza nelle sue vie nei sorrisi nel vociare nel comunicare nel crescere. Tristezza solitaria nelle città abbandonate chiuse senza rumore. Verrà il giorno della gioia. O virus che aleggi nelle città deserte a tutte le ore in questa storia surreale e invisibile nella paura tutto regoli e disponi di me di noi identificati svelati scopriti verso l’umanità e ti vinceremo e diventerò più saggio e buono.
Giorgio Piccaia, artista
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Nelle periferie di città altro non eravamo che fili d'erba ancorati nei nostri giardini, contavamo le palline dell'abaco con le dita, accarezzati dal tiepido vento di primavera.
Roberta Biaggi
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Bussero (Mi)- 31/03/2021 (Un anno dopo) “Città”
Mi ricordo un anno fa quando vidi una vignetta, che riassumeva la situazione di allora. In una fontana di Trevi completamente vuota da turisti, un unico cittadino romano seduto sul limite della stessa si lavava le mani. In modo ironico si evidenziava l’assenza di persone in uno dei luoghi più affollati del mondo e la necessità di lavarsi le mani, come misura di prevenzione essenziale per combattere il virus. Le città , non solo in Italia, ma nel mondo intero, cambiarono il loro aspetto normale. Senza traffico, con rari negozi aperti, bar e ristoranti con le saracinesche abbassate, i giardini pubblici silenziosi, i palazzi degli uffici con le luci spente. Mi veniva in mente la voce di Mina, che col suo timbro potente sottolineava che “ la città gli sembrava vuota” per l’assenza del suo amore. L’immaginazione d’animo della canzone si era però trasformata in realtà, a causa non di un amore lontano o perduto, ma della paura per un essere microbico, che riuscì a tenerci in casa, a distanziarci l’un dall’altro, a tentare di creare il vuoto attorno a noi. In città , la vita, la vitalità delle persone, con i loro rumori , si trasferì dall’ aria aperta di strade, marciapiedi, piazze e giardini , al chiuso di edifici, case ed appartamenti. Un paesaggio completamente nuovo, che mai ci saremmo aspettati, realizzato nel giro di pochi giorni. Ad un anno di distanza, l’incubo è passato. Abbiamo riacquistato il piacere di poterci muovere liberamente all’aperto, ma quel periodo ci ha insegnato che l’attuale chiusura nei giorni festivi del traffico nelle città può effettivamente migliorare la qualità dell’aria che respiriamo
Roberto Rinaldi
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La gazzella carnivora La famiglia delle antilopi si divide in una dozzina di specie, una di queste è la gazzella, un bovino del deserto che espelle solo escrementi secchi. Nelle regioni settentrionali, da agosto a ottobre, si scheggia le corna per amore. Se la incontri di notte in un androne o sul mezzanino del metrò, diffida del suo aspetto impaurito, in città l’antilope diventa carnivora.
Alberto Pellegatta, poeta
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Diario di una farmacista 16° giorno: Riflettevo che, in un momento in cui respirare non è stato mai così pericoloso, l'aria in città è pulitissima, avverto persino il profumo del gelsomino della mia vicina di casa. Durante il mio solito tragitto verso la farmacia stamattina ho sentito pure gli uccellini e dopo 18 anni, ho udito nettamente il suono dell'acqua della fontana in piazza. E' bellissimo. Anche oggi i nostri meravigliosi portici sono deserti. Ormai i pochi che veniamo a lavorare in zona ci conosciamo tutti. La maggior parte sono appartenenti alle Forze dell'Ordine e Forze Armate, i Carabinieri della caserma alle spalle della farmacia oppure i Corazzieri la cui sede del loro reggimento dista qualche centinaio di metri da noi. Vedo anche qualche Militare che va al Ministero della Difesa o allo Stato Maggiore, pure qui vicino. Anche i Dirigenti del Min. Economia e Finanze lavorano, mi hanno detto che solo loro non operano da remoto perché devono gestire lo smart working degli altri ministeriali. Saranno presenti un centinaio su 10.000 circa. Dalla vetrina della farmacia vedo due runner. Sono gli unici che cercano di avere una parvenza di normalità un'ora al giorno. Per la maggior parte, ormai la normalità è guardar fuori dalla propria finestra e se si è fortunati, sentirsi membri di una comunità digitale. Ho appena ascoltato alla radio che mi tiene compagnia, poiché in questo momento la normale attività lavorativa è di fatto sospesa, che in questo momento infatti siamo circa 3 miliardi di persone in quarantena, 40 nazioni di cui 18 con il coprifuoco. La giornata lavorativa si avvia al termine, con l'imbrunire la città diventa più pericolosa. Come tutti i colleghi non solo dobbiamo fronteggiare questo maledetto virus sempre con grande forza dell'animo, ma siamo in balia di sbandati che entrano a domandare psicofarmaci. Devo dire che le Forze dell'Ordine fanno del loro meglio per garantire la nostra sicurezza, ma la città è grande da sorvegliare, le farmacie a Roma siamo circa un migliaio a cui si aggiungono le altre attività ancora aperte da monitorare. Ma non mi abbatto comunque, come ha scritto Shakespeare: “Non c'è notte che non veda giorno”, viviamo questo periodo giorno per giorno, non pensiamo al futuro, perché con lo stato d'animo fosco che abbiamo, lo potremmo vedere solo tale. Supereremo anche questo Stavo cercando di ricordare chi ho abbracciato per ultimo
Cristina Barletta, Roma
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La città assente Il silenzio della città, la scomparsa del suo cupo e costante rumore hanno fatto emergere rumori prima soffocati: le voci delle abitazioni vicine, i versi di uccelli sconosciuti, il suono del vento che agita gli alberi sotto casa. La scomparsa delle auto in movimento nelle strade e nelle piazze ne ha rivelato le dimensioni, il contorno, la qualità spaziale. L’aria è diventata trasparente, pulita. Dicono che a Roma le acque del Tevere siano più chiare e che nei canali di Venezia si possono vedere i pesci. Il mondo animale, che vive appartato nelle nicchie ecologiche della città, esce allo scoperto, riconquista lo spazio deserto dei parchi, alcune specie si avventurano nelle strade. Improvvisamente, in città, sembra avviarsi verso un nuovo equilibrio ambientale. Saremmo capaci di interpretare questi segnali, di tradurli, di portarli avanti con coerenza domani, quando sarà finita? Domani quando accetteremo che la città dovrà convivere con il lato oscuro di una realtà ambientale vivente di cui facciamo parte insieme alle piante, alle altre specie animali, ai batteri e ai virus. Oggi scopriamo che il vuoto metafisico delle piazze e delle strade ci inquieta. Viviamo la scomparsa dello spazio pubblico. La città come l’abbiamo conosciuta è diventata assente: manca la vita, non c’è più la folla, manca la vicinanza delle persone. La città nasce come riunione, come comunità, luogo di incontro e di emancipazione. L’aria della città rende liberi recitava un proverbio medievale. Lo crediamo ancora. Il distanziamento, l’isolamento consumano l’idea stessa di città, la rendono assente. Li accettiamo con convinzione per resistere, per combattere l’improvvisa mancanza di città. La città svuotata dal contagio ha fatto emergere ancora una volta la disparità tra le sue parti sociali, la profonda disuguaglianza che colpisce i più deboli. La città la dobbiamo ripensare ora, in questo tempo sospeso, per farla rinascere più forte, più sostenibile e più giusta.
Rosario Pavia, urbanista, Roma
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