Milano, 29 marzo 2020 - Una parola al giorno per trenta giorni, un mese di riflessioni e pensieri che andranno a costruire una "letteratura del ricordo". È l’invito che Massimiliano Finazzer Flory, regista e attore teatrale, lancia ai lettori in collaborazione con Il Giorno. Il drammaturgo propone una parola di stretta attualità legata al Covid-19, invitando i lettori a scrivere un breve pensiero (600-700 battute) in merito. Le riflessioni, da inviare all’indirizzo mail redazione.internet@ilgiorno.net, saranno pubblicate online e contribuiranno a costruire una memoria collettiva di com’erano la Lombardia e l’Italia ai tempi del coronavirus, accanto ai contributi che di giorno in giorno manderanno alcuni personaggi della cultura e dello spettacolo.
La parola odierna è STORIA. Fino ad ora hanno scritto per noi:Giorgio Armani, Andrea Bocelli, Salvatore Veca, Ornella Vanoni, Dan Peterson, Antonella Boralevi, Quirino Principe, Gabriele Lavia, Laura Valente, Maria Rita Parsi, Gianni Canova, Gianni Quillico, Silvia Pascale, Stefano Bruno Galli, Edoardo Zanon, Fabio Scotto, Gilda Bojardi, Ico Migliore, Marconcini Alberto, Roberta Pelachin, Rosario Pavia, Ettore Messina, Giovanni Gastel, Edoardo Boncinelli, Giulia Carli, Pino Farinotti, Stefano Boldorini, Alberto Mattioli, Alberto Uva, Alessandra Miorin, Roberto Cacciapaglia, Sabrina Sigon, Angelo Argento, Anna Maria Cisint, Ilaria Guidantoni, Ivano Giulio Parasacco, Lavinia Colonna Preti, Letizia Moratti, Massimo G. Cerutti, Paolo Del Brocco, Pierluigi Biondi, Jacopo Rampini, Roberto Zecchino, Carlo Robiglio, Salvatore Carrubba, Corrado Sforza Fogliani, Giulio Giorello, Lorenzo Maggi, Alessandro Daniele, Alberto Mingardi, Monica Stefinlongo, Cesare Balbo, Elena D'Incerti, Giuseppe Mojana, Giulia Malaspina, Marco Nereo Rotelli, Michela Lucenti, Silvano Petrosino, Alessandra Marzari, Ariane, Deborah Cocco, Filippo Del Corno, Michele, Alessandro Pancotti, Maria Giulia Comolli, Franco Masanti, Alessandro Gabrielli, Girolamo Sirchia, Santo Rullo, Alessandro Daniele, Dori Ghezzi, Katia da Ros, Antonio Francesco Pollice, Maria Pia Ciaccio, Red Canzian, Cristina Veronese, Barbara Dei Rossi, Paolo Coppo, Carolina Labadini Mosti, Spartaco Rizzo, Roberta Usardi, Claudio Formisano, Roberto Rinaldi, Alberto Marconcini, Ilaria Massi, Giuseppe, studente di filosofia all'università Vita-Salute San Raffaele, Cristina Settanni, Cristina Salvador, Carmen, Alex Salmini, Eugenio Astorino Tutoli, Sofia Aloi, Lory, Cristina Barletta, Rosanna Calò, Graziano Camanzi, Raffaella, Miriam Merlo, Clara Canna, Riccardo, Fabrizio Gramigni, Luciano Vacca, Giorgio Piccaia, Giorgio Pittore.
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S come storia. Come sovranismo o meglio come patria. Quella di patria è un’idea che è stata sviluppata al principio dell’Ottocento, in reazione alle novità inebrianti ma standardizzanti portate in Europa dalla armate di Napoleone, armate che – vettori della rivoluzione – irradiavano un effetto a sua volta rivoluzionario … Quella di patria è stata un’idea che pareva svanire, al principio di questo secolo, con la globalizzazione. Questa di nuovo portatrice di un clima diffuso e perpetuo di festa. Una festa che è tuttavia durata più o meno solo trent’anni. È stato ed è con la crisi che la storia – la storia che avrebbe dovuto finire – è invece e infine tornata. Ed è proprio con il ritorno della storia che, piaccia o no all’élite, sta tornando a rafforzarsi, e non per caso e non per poco, l’idea di patria … Ora è venuto il tempo di essere saggi, il tempo di ascoltare un invito che ci viene dal profondo: fermati e aspetta che la tua anima ti raggiunga … Il tempo di capire tanto la vera storia della globalizzazione, quanto la direzione verso cui oggi ci spingono le forze che l’hanno generata, il tempo di comprendere, attraverso le tre profezie, le verità che stanno emergendo dal profondo della storia.
Per gentile concessione di Giulio Tremonti, autore di “Le tre profezie” ed. Solferino
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La vita è sospesa in questi giorni di quarantena, ma la storia ha ripreso il cammino. Perché la storia si nutre di sangue, cammina sui morti, sulle grandi mutazioni nella vita dei popoli. Quel che sta accadendo in questi giorni in tutto il mondo e ancor più quello che accadrà dopo la pandemia, è il brusco, radicale risveglio della storia. Una crisi globale ma anche la crisi del mondo globale, senza confini. Sembrava finita la storia, e con lei la memoria. Ora torna impetuosa, bussa alle porte del comune destino. Cerchiamo di ripararci dietro i numeri, i dati, la scienza. Come la statistica sui morti e i contagiati. Dietro quei numeri c'è la storia di persone, famiglie, comunità. Torna la Storia come teatro epocale di eventi globali, ma non cancelliamo la storia minore, struggente e sommersa, delle persone.
Marcello Veneziani, filosofo e scrittore
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"Storia" È il senso della vita, con la sua narrazione ordinata nel tempo, vicina nella cronaca che poi diventerà memoria. Ognuno è una parte unica di quella Storia più grande e in questo confronto si racconta la dialettica tra l’unicità della persona, piccola quanto insostituibile, e la grande storia, quella dei grandi avvenimenti, dei numeri e dei personaggi noti. Ripensiamo la storia minuta, quella che la scuola francese degli Annales ha scoperto per la sua ricchezza, storie di gente comune; ed è curioso che quando si dice storia si alluda all’ufficialità, ad un dato che diventa scientifico, mentre quando si parla di storie, aleggia un senso si leggerezza. Sono “solo storie”, come se i sogni e la fantasia non condizionassero la storia e non le appartenessero in pieno di diritto. La storia è memoria e sarà la nostra immortalità umana, per qualcuno la fama, per altri tra noi il ricordo e il segno che lasciamo, per non essere passati invano.
Ilaria Guidantoni, giornalista e scrittrice del Mediterraneo
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Storia e memoria vanno di pari passo, ma non sempre gli elementi che si sommano per mettere in relazione tra loro i fatti, concorrono con valenza paritaria alla ricostruzione di dati che si possano definire certi. La storia è una dicotomia, l’ho detto, soffre di un andamento binario: quello cadenzato dal nostro giudizio, che per convenienza definiamo scienza esatta e quello supremo, deciso dal tritacarne degli accadimenti. Spesso questo motore si arresta con sorprendente imprevedibilità e ci coglie impreparati, come se non avessimo mai saputo, ne sospettato, che prima o poi qualcosa potesse accadere. La memoria suggerisce che si può ripartire riaggiustando tutte e due le ruote. La storia invece non aspetta. Lei prosegue con una sola ruota. Con quella sana. Lascia a noi il compito di capire qual è .
Velasco Vitali - artista, pittore e scultore
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Storia, storia rimaneggiata vissuta spostata sconosciuta falsata dimenticata. Ecco appare improvvisa drammatica per un futuro incerto tutto è e tutto non è in un lampo. Nello stesso tempo può e non può è il presente non il futuro si è capovolta la storia. Storia della natura che si percepisce si vede si manifesta non riconosce nessuno non distingue nessuno bello o brutto simpatico o antipatico ignorante o intelligente. Che importa se la Storia non si ricorderà di me di noi e la Storia prosegue. O virus in questa storia surreale che invisibile nella paura tutto regoli e disponi di me di noi identificati svelati scopriti verso l’umanità e ti vinceremo e diventerò più buono.
Giorgio Piccaia, artista
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STORIA In questi giorni tutti noi siamo soggetti a misure di contenimento volte a limitare la diffusione del virus Covid-19. Oggi più che mai proviamo sulla nostra pelle il significato concreto dell'antica parola “quarantena”, la cui origine si rinviene nei provvedimenti di salute pubblica che, per prima in Europa, la piccola repubblica marinara di Ragusa di Dalmazia adottò nel 1377 al fine di contenere il diffondersi delle pesti.
Nel 1377 Ragusa s'era da poco emancipata dal giogo del dominio veneziano e la storia ci racconta che i provvedimenti di sanità pubblica vennero emanati, pare anche perchè la Serenissima Repubblica di Venezia, molto più potente politicamente e commercialmente, usasse screditare per l'intero mediterraneo le merci, i mercanti e gli equipaggi raguesi, tacciandoli di essere forieri di ogni sorta di malattia.
Evidentemente già allora le guerre politiche e commerciali si combattevano a colpi di quelle che ai giorni nostri chiameremmo “fake news”. “Non bene pro toto libertas venditur auro”, la libertà non si vende per tutto l'oro, citava, non a caso, il motto della ricca città dalmata, affacciata sull'Adriatico. Profondamente gelosa della propria autonomia politica e commerciale, Ragusa ebbe nei secoli con Venezia un rapporto sempre improntato ad una fortissima rivalità.
Le due città marinare vennero, però, accumunate da un identico destino al momento della loro caduta, poiché entrambe, spazzate dalla furia napoleonica, non resuscitarono, come stati, dopo il Congresso di Vienna. Città culturalmente bipolare, sia italiana che croata fino agli inizi del '900, Ragusa fu patria di grandi menti di lingua italiana: da Elio Lampridio Cerva, cinto, per le sue composizioni, con la corona di alloro in Campidoglio a Roma, allo scienziato Ruggero Boscovich, al quale è peraltro dedicata una via anche a Milano, fino al nostro Ottavio Missoni.
Nel contempo divenne anche la culla della letteratura croata, che si formò proprio sull'ossatura di quella rinascimentale italiana, allora molto studiata dagli intellettuali ragusei. Ai giorni nostri abbiamo dimenticato questo pezzo importante della nostra storia adriatica, che, tuttavia, ritroviamo nelle belle pagine scritte da Enzo Bettiza in “Esilio”. Oggi a Ragusa, forse impropriamente ribattezzata Dubrovnik, d'italiano rimane assai poco, ma come scrisse uno storico, Ragusa è un po' l'emblema dell'intera Dalmazia, che visse da sempre grazie a due polmoni, uno italiano e uno croato. Averle amputato un polmone, la rende un qualcosa di profondamente diverso.
Paolo Coppo, Monfalcone, avvocato
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Sostegno d’anime all’infinito percorso della Storia il cuore. VIA CRUCIS Tra vedenti eri cieca ma divoravi catene; hai spezzato chiodi consumati di ruggine, brancolando senza vedere il Monte Calvario. Intrappolata fra spine da terra eteree donne ti sollevarono nel gemito del tuo dolore. Con loro mani ripulirono il sudario del tuo viso, d’occhi tuoi rassicuranti il sodalizio del tuo ritorno. Ancelle di forza lessero di una madre cieca che guardava oltre il vedere. Lessero di te Madre loro! Ad aperto sepolcro a te canteranno versi sovrapposti ad antichi dolori. Parleranno di te sangue di loro genesi e ti chiameranno Madonna: lungo calvario a miracolo in Arte Espressa. Alessandra Miorin
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La mia storia nella Storia la Storia con la Esse maiuscola un infinito noioso necrologio di Imperi e miserie vissuti a distanza di sicurezza L’interrogazione è da sei politico La nostra storia nella Storia la memoria a memoria senza reale memoria ignari della giusta cautela Tempi presenti spensierati qualcuno da qualche parte farà Ora la Storia impetuosa bussa alla nostra quieta storia è un ariete una catapulta il nemico non si vede ma c’è dietro le linee nelle quiete case invisibile subdolo mortale sgretola certezze uccide senza cattiveria D’improvviso la Storia chiama inchioda i tempi presenti divenuti d’improvviso figli suoi legittimi La forza inusitata del piccolo grande coraggio cuce sapientemente spazio e tempo riportando la Storia nelle piccole storie.
Stefano Boldorini
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La storia si fa e non si scrive. Di rado tale parole si sono rivelate veritiere. Ideate per convincere il mondo della bontà dei libri senza spingere verso altre fonti. In quanti conoscono il genocidio in Gallia, opera dello stimato Cesare che rese il suo nome sinonimo d’impero? In quanto conoscono la storia di Spartacus, l’uomo il cui nome, i nobili e potenti, volevano scaraventare nell’oblio? In quanti conosco le storie di chi subì il cambiamento o combatte per esso senza ricevere conti o elogi? La guerra e fiera per che la racconta ma orribile per che la vive. Il soldato che morì uccidendo ricevette una croce. Chi si rifiutò di uccidere venne sepolto fra i papaveri rossi. Oggi non viviamo una guerra. La vita ci pone delle sfide; spesso non le scegliamo. Quanto spesso l’uomo dimentica la storia che dei poveri illetterati? Ognuno di noi scriva la propria storia, la lasci come eredità e si dimostri che la storia e ognuno di noi. Noi non siamo vincitori o perdenti. Noi siamo esseri umani. La vita non è un gioco.
Spartaco Rizzo
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Che rimarrà
di questo nostro tempo?
La storia, le storie
in un viluppo
inestricabile...
Dalla finestra una mano
scosta una tendina,
da un'altra due mani
si sporgono furtive
a scuotere un panno...
Se esci ti senti
osservato da occhi
celati ma attenti,
additato , angosciato...
Nemmeno gli uccelli
(quei pochi rimasti)
ti fanno compagnia,
nascosti chissà dove.
Nel fermo-immagine
della grande Storia,
soltanto gli alberi
continuano la loro:
germogliano, fioriscono
e ci daranno frutti...
Che rimarrà
di questo nostro tempo?
Milioni di parole
dentro gli archivi,
poi forse un lento
e inevitabile
oblio nelle coscienze.
Pinuccia Nervi, Salotto letterario Lodi