ELISA GUZZO VACCARINO
Cultura e Spettacoli

Costanza Macras, la coreografa da Oscar: “Io, la musica italiana e il ballo di Emma Stone”

L’artista argentina che ha collaborato a “Povere Creature!“ arriva a Milano. “Lanthimos e il mio lavoro dentro un film? Due sfide appassionanti. Lo spettacolo in piazza San Carlo sarà senza schema, spontaneo”

La coreografa Costanza Macras

La coreografa Costanza Macras

Milano –  Constanza Macras , argentina d’assalto classe 1970, con base operativa a Berlino, arriva a siglare la sesta edizione di “Milano Dancing City”, domenica in piazza San Carlo, forte dei successi come coreografa dei film di Yorgos Lanthimos, “La Favorita” sui lati oscuri delle donne di potere e “Povere creature!” sui grovigli della sessualità femminile.

La Macras , con studi tra New York e Amsterdam, è un’artista poliedrica, capace di passare dal lavoro nelle favelas ai grandi palcoscenici. Nel 2022 al Piccolo Teatro di Milano aveva portato con clamore “The Future”, ambientato in un caotico deserto-discoteca, indagando futuro e passato visti in diverse epoche, tra oracoli, enigmi, teorie del tempo, ipotesi distopiche, con personaggi di fantascienza.

Torna ora nella giornata “DanzaMi”, gran finale del festival promosso dal Centro di Alta Formazione ArteMente, spiccando in chiusura di un ventaglio di performance diffuse nel centro cittadino.

Constanza Macras, che idea si è fatta di Milano e dei suoi cittadini? Essendo stata più volte nel nostro paese, anche a Bolzano Danza, nella capitale, ai festival Equilibrio e Roma Europa, a Ferrara e a Udine, come vede la realtà italiana?

"Non potrei dire di conoscere abbastanza bene l’Italia, perché non ho mai avuto la possibilità di passarci davvero del tempo, ma Milano mi pare una città accogliente, dinamica, giovane, con tante persone interessate alle arti; il che dà speranze a chi lavora in questo campo".

Cosa succederà il 14 luglio a Milano? È un’esperienza nuova quella di agire all’aperto, anziché in palcoscenico?

"In effetti è la mia prima volta; lavorerò con i non professionisti e con alcuni danzatori dell’Accademia ArteMente soprattutto su musica popolare italiana anni Settanta, amatissima anche all’estero".

Ci sono già state prove per costruire la performance o sarà piuttosto spontanea?

"Non abbiamo preparato uno schema; tutto accadrà direttamente".

Lavora con la stessa agilità per la sua compagnia Dorky Park, che accoglie anche attori e musicisti, come per il cinema, come con la gente comune?

"Sono sempre la stessa persona, mantengo lo stesso spirito e la mia identità di artista, investigando la forma per raggiungere insieme agli altri un obiettivo, cercando l’incontro e l’apertura reciproca da tutte le parti in causa".

Ha lavorato in Sud Africa in occasione dei Mondiali di Calcio, ma anche in Romania, in India e in Cile; avendo tanto viaggiato, quali differenze e quali somiglianze ha trovato nella vita, nelle pene e nelle paure umane?

"È vero che i viaggi sono un grande insegnamento, al di là dell’idea che ci era fatta su ogni paese; impari quando stai lì, conosci altre culture e altre scene; mi piace arricchirmi, conoscendo contesti non solo occidentali".

Come ha incontrato Lanthimos? Come è andata con Emma Stone per “Povere creature!”? Che danza ha ideato per/con lei?

"Yorgos aveva visto un mio spettacolo ad Atene nel 2006. Eravamo rimasti in contatto su internet, quando stava girando ‘la Favorita’, con un buon budget, che gli permetteva di avere una coreografa, mi ha voluto con sé. Vedere di colpo la mia danza da un altro punto di vista, esterno, è interessante: ci sono tanti fattori in gioco, i costumi, l’occhio della cinepresa, si deve fare qualcosa di corto, in poco tempo, ma efficace. È una bella sfida lavorando con il movimento. Parlando di ‘Povere creature!’, Emma Stone non ha un retroterra di danza, ma gli attori devono saper muoversi e reagire rapidamente. Ha trovato subito la sintonia".

Essere argentina in Europa è difficile?

"È doloroso il momento che attraversa ora l’Argentina, con la sua cultura tanto alta e la sua gente tanto bella".

È stata premiata, qualche anno fa, per uno spettacolo dal titolo forte, “Hell on Earth”, e poi anche per “Megalopolis”; quali sono i temi “infernali in terra” che le stanno più a cuore ai nostri giorni?

"Sto preparando per Berlino ‘The Hunger’, sulla fame, il cannibalismo, il colonialismo spagnolo, ispirato al romanzo ‘El Entenado’ dello scrittore argentino Juan José Saer, che narra degli europei invasori sul Rio de la Plata, attaccati dagli indigeni, uno solo sopravvive e si integra nella società del Colastiné, sarà poi liberato dagli spagnoli e racconterà dei rituali tribali. Gli eccessi di quell’epoca risuonano con l’avidità dello stile consumista ed egocentrico della vita attuale, con le sue tecnologie e le sue narrazioni, con l’ossessione dell’immagine. La domanda è: la realtà esiste solo quando la si osserva e la si mostra?".