Milano – Franca Squarciapino è una donna dolce e riservata, capace di trasformare ogni sua idea in concretezza e indossabilità. Fra le maggiori costumiste del XX e XXI secolo, vincitrice di diversi premi internazionali fra cui l’Oscar, ricevuto con lo scenografo Ezio Frigerio, suo marito, per “Cyrano de Bergerac” di Jean-Paul Rappeneau. Questa volta ritorna alla Scala per “Don Carlo” di Verdi, opera inaugurale della stagione del Piermarini.
Come sarà il suo Don Carlo?
"È una storia piccola in un mondo enorme, da una parte c’è il potere temporale con la sua corte sfarzosa e dall’altra la Chiesa spagnola in un periodo storico tremendo di totale egemonia; l’autodafé con la figura spaventosa del Grande Inquisitore con gli ornamenti del suo ruolo. Filippo II, Don Carlo, Elisabetta, la regina, indossano abiti scuri, il nero era il colore della ricchezza. Il coro è composto da frati domenicani e da suore di clausura, donne provenienti dalle famiglie aristocratiche".
Dalle immagini dell’allestimento emergono solo due colori, nero e oro. E nei costumi?
"È stata un’indicazione del regista Lluis Pasqual, per evidenziare la drammaticità del potere su ogni individuo".
È il suo primo lavoro alla Scala senza Ezio Frigerio.
"È triste lavorare senza mio marito, mi manca tantissimo, lo ricordo mentre si muoveva su questo palcoscenico. Ho accettato di collaborare a quest’opera anche per lui, ha amato così tanto la Scala, qui abbiamo fatto tanti spettacoli insieme. Stimo moltissimo Pasqual fra noi c’è una solida amicizia, la stessa cosa posso dire di Daniel Bianco, mi hanno fatto sentire a casa".
Milano, per lei ed Ezio, ha significato il Piccolo Teatro.
"Fondamentale, i miei esordi sono stati al Piccolo: ho imparato tanto sia da Ezio che da Strehler, Giorgio mi ha aiutato ad avvicinarmi ai personaggi. È stato un periodo intenso e magnifico, con Strehler avevamo un rapporto molto stretto, non lo definirei amicizia, era un uomo difficile viveva molto sul palcoscenico e poco fuori, ma ha sempre rispettato il nostro lavoro".
Ha collaborato a lungo anche con Rudolf Nureyev e Roland Petit.
"Il primo era un uomo tenace, pieno di curiosità, assetato di conoscenza, oltre a uno straordinario ballerino; con Ezio abbiamo creato il monumento per la sua tomba: un baule di marmo su cui è appoggiata una coperta in mosaico, i tasselli compongono alcuni disegni della tradizione russa. Petit era ironico, mi faceva sempre divertire".