
L’attore presenta, da giovedì prossimo il suo “Don Giovanni
Milano, 20 ottobre 2019 - Ci sono storie che vanno raccontate subito. Appena sbocciano. Anche perché dimostrano di crescere parecchio in fretta. Daniele Fedeli ha in curriculum due ruoli da protagonista: “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” dell’Elfo, enorme successo al botteghino che tornerà nel 2020; e “Malagrazia” di Phoebe Zeitgeist, con cui ormai collabora stabilmente (“Aspra”, “ReProduction”, a breve il “Tasso” di Goethe). In questi due opposti si muove una curiosità complessa, che s’intreccia a una serietà non così scontata in un ragazzo di 25 anni. Da giovedì presenta il suo “Don Giovanni. En femme après la mort” alla Contraddizione. Un lavoro in solitaria. Scritto, diretto e interpretato dal giovane attore di Tivoli. Firmato per la sua nuova compagnia Le Lure.
Daniele, qual è l’idea del suo Don Giovanni? «Il lavoro è iniziato dal monologo di Donna Elvira da Molière, che ho immaginato potesse essere pronunciato dallo stesso Don Giovanni, allo specchio, vestito da donna, compiendo l’azione in contrasto con il testo. Il mio protagonista è un uomo stanco che non avendo trovato il femminile nelle donne, lo cerca in sè». Com’è questo femminile di cui parla? «È accostato al divino e travalica il genere. Considero entrambi i concetti dei vuoti che vengono riempiti. Dalla riflessione sono emersi i due temi del lavoro: l’erotismo e l’estasi, a cui mi sono avvicinato grazie ai testi di Molière, de Sade, alcune pagine di Dostoevskij ma anche mistici come S. Giovanni della Croce». Come ha vissuto il successo del «Cane ucciso a mezzanotte»? «È stata e continua ad essere un’esperienza importante, iniziata appena trasferito a Milano. Mi ha dato molta visibilità, amplificando la mia presenza sulla scena milanese dopo l’ottima accoglienza di “Malagrazia” di Giuseppe Isgrò. Inoltre Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani mi hanno lasciato grande libertà di proposta. Mi hanno compreso, dimostrando grande fiducia». Crede di aver perso qualcosa non frequentando l’accademia? «Credo di averci guadagnato! Nel mio caso mi avrebbe sicuramente rallentato in quello che sto facendo. La sensazione dopo i provini in Paolo Grassi è che non avessimo nulla da dirci». Che obiettivi ha? «Vorrei sempre poter evitare progetti che non sento di abbracciare totalmente come pensiero, fare ciò che mi interessa». Il testo nel cassetto? «“Il Frigo” di Copì. Sì, lo so, un altro ruolo al femminile. È un periodo così. Li sento distanti eppure così vicini».