
Davide Silvestri
«Ho tante vite, rifarei tutto: dai ruoli nelle serie tivù ai reality. Ma con “Nina dei Lupi“ ho riaperto il cassetto dei sogni, torno al cinema". Davide Silvestri si racconta a cuore aperto: questa sera, alle 21, sarà lui ad accompagnare a Milano, al Cinema Centrale, “Nina dei lupi“, il film diretto da Antonio Pisu che ha aperto le Giornate degli Autori alla Mostra del cinema di Venezia e che arriva nelle sale con la “Genoma Films“ di Paolo Rossi Pisu.
In “Nina dei lupi“, favola distopica, interpreta il personaggio di Alessio: quanto si avvicina a Davide?
"Moltissimo. Prima di tutto è il nome maschile di mia moglie, e mi ha portato bene. Ma credo che se mai dovesse succedere quanto accade nel film io potrei fare la stessa sua scelta: andrei a vivere da solo, mi piace la solitudine. In lui rivedo la ricerca che faccio ogni giorno dentro di me: siamo entrambi introspettivi, se a volte sembra emergere una nota di aggressività è solo per difesa. E amiamo la natura".
Cosa ha significato per lei questo ruolo?
"È il primo personaggio che interpreto al cinema così diverso da me, fisicamente. Antonio Pisu è un registra giovane che ha creduto in me, e lo ringrazio. Si è riaperto il cassetto in cui tenevo questo sogno".
Com’è avvenuto l’ingaggio?
"Tramite il suo assistente aiuto-regia Enzo Russo, che io chiamo “Panico“: ci siamo conosciuti sul set di Capri e lui era sempre in panico, appunto. Appena ha saputo del film mi ha chiamato: devo farti vedere ad Antonio, sei perfetto per un ruolo. Mancavano quattro giorni al mio matrimonio. Ho mandato un video-provino prima di tagliarmi la barba per le nozze, Alessia mi aiutava facendo il ruolo di Nina. Dopo due mesi mi hanno chiamato: Alessio sarei stato io. Sono competitivo, vengo anche dallo sport: per me è una vittoria".
Come si è calato nella parte?
"Per mesi non mi sono tagliato né barba né capelli, ho imparato a mungere da un allevatore in Vallarsa, ho chiesto gli abiti di scena e con quelli andavo a farmi le passeggiate per cominciare a sporcarli, a rovinarli. Mi sono fatto crescere anche le unghie. Ho lavorato sulla voce per renderla più bassa e profonda e sulla camminata. Mi sono allenato. Ero un randagio. Ho fatto uno scherzo durante le riprese: mi sono nascosto dietro un albero aspettando il regista e gli altri attori. E quando mi hanno visto le guardie credevano fossi il matto del paese, non mi hanno riconosciuto. Nella natura sono a mio agio".
Anche se è milanesissimo. Quali sono i luoghi di fuga di Davide?
"Abito un poco fuori città, in un borgo da 1.100 anime. Ed è il mio luogo di fuga quotidiano. Mi piace nuotare, fare surf in Liguria, passeggiare nella natura con mia moglie e il mio cagnolino Birra. Oltre alle fughe con l’Harley-Davidson, che mi sono regalato a 40 anni".
Il nome del cagnolino, “Birra“, non è casuale...
"È un’altra delle mie vite: la Birra Lira è un sogno che porto avanti, un birrificio artigianale. Avevo deciso io di chiudere con la televisione per creare qualcosa di mio e non dipendere dagli altri. La vita degli attori è spesso un’attesa. Io voglio avere un’altra scelta. Anche se non rinnego quello che ho fatto, colgo le occasioni che mi si presentano. Mio padre mi ha sempre detto: devi vergognarti se vai a rubare, non se lavori, qualunque lavoro sia. È il mio motto. Ma adesso sono pronto a nuove occasioni: sogno un ruolo da protagonista".
Quando è nata la passione per la recitazione?
"Da piccolo mi divertivo a fare scherzi, come faccio ancora sui set quando non siamo in ritardo. A scuola le bidelle mi chiamavano argento vivo. Ma è nato tutto per caso, mi fermò una fotografa in via Moscova chiedendo se potesse farmi qualche scatto: li ha portati in agenzia. Quell’anno feci tre provini: per Vivere, per una pubblicità di Ferrero e un video clip per Renzo Martinelli, sulle note di “Da me a te“ di Baglioni. Mi presero a tutti e tre. Il ruolo “grosso“ è arrivato con Vivere, a 16 anni. Poi ho deciso di fermarmi per studiare, all’Accademia dei Filodrammatici di Milano. Mi ha dato la tecnica, sono cambiato. Ho fatto teatro e adesso cinema: sentire applaudire per tutti i titoli di coda a Venezia è stato da brividi".
E questa sera sentirà il pubblico milanese.
"L’ho chiesto io. Vedrò il film con le persone a me vicine e più sincere, mi siederò in mezzo per cogliere respiri, emozioni e anche le risate improvvise, che stemperano la tensione".