MARION GUGLIELMETTI
Cultura e Spettacoli

L’assolo di Federico Basso star di Zelig: “Beato chi ride di se stesso, avrà sempre da divertirsi”

Il comico che spopola anche sui social arriva al teatro Leonardo di Milano con il suo monologo “Storie di vita quotidiana”. “Vedere il pubblico che si identifica coi miei racconti mi fa sentire meno solo”

Federico Basso (49 anni), al teatro Leonardo dal 29 novembre con “Profilo Basso“

Federico Basso (49 anni), al teatro Leonardo dal 29 novrembre con “Profilo Basso“

Milano, 24 novembre 2024 – “Beato chi sa ridere di se stesso perché non finirà mai di divertirsi”. Motto firmato da Federico Basso, il cabarettista torinese protagonista di ‘Profilo Basso’ dal 29 novembre all’1 dicembre al Teatro Leonardo di Milano. Un monologo che raccoglie episodi vissuti nei teatri e nelle trasmissioni televisive più popolari, dagli esordi a Zelig fino al Festival di Sanremo insieme ai Boiler, dal Gran Premio della Tv fino ai David di Donatello. Con un recente debutto sui social, dove la sua pagina Instagram conta 285mila follower.

In scena racconta la vita di tutti i giorni cogliendo aspetti nascosti, mettendo a nudo i comportamenti spontanei, buffi e irrazionali sempre rivestiti di brillante umorismo. Ed è proprio questo a portare al sorriso, creando un’atmosfera accogliente in cui la risata si dimostra il collante umano più efficace da condividere con gli altri.

Pronto a salire sul palco?

“Prontissimo. Torno con la mia prima passione, il monologo di cabaret, o come dicono i giovani di oggi la stand-up comedy. Ho molte cose da raccontare e non vedo l’ora”.

Un monologo, quanto è difficile?

“Sta diventando sempre più difficile, perché il livello di attenzione si è abbassato molto, probabilmente anche a causa dei social che ci abituano a ritmi frenetici. Ma è anche una bella sfida: bisogna adeguarsi al linguaggio, ai tempi e ai modi di comunicazione contemporanei. E comunque almeno a teatro respiro, perché sui social non puoi permetterti neppure quelle pause, altrimenti perdi tempo”.

Quindi meglio il teatro dei social...

“A teatro sei a contatto con il pubblico, senti le risate e gli applausi che sono energia e nutrimento per un comico. I social sono meravigliosi perché raggiungi platee vastissime, ma sono più freddi perché non c’è una reazione immediata”.

Com’è nata l’idea di questo spettacolo?

“Da quando ho iniziato la mia avventura sui social, circa un anno e mezzo fa, molti follower mi chiedono quando potranno vedermi a teatro. E poi dalla mia voglia di tornare a fare qualcosa che amo molto, ovvero scrivere comicità e portarla sul palco”.

‘Profilo Basso’, un titolo ma più significati.

“C’è un richiamo al mio cognome e al mio profilo Instagram. Ma soprattutto c’è un richiamo alle mie origini perchè da bravo piemontese sono portato a prediligere il profilo basso, a mantenere quella sorta di aplomb inglese. Sa come dicono da noi ‘esageroma nen’, ovvero non esageriamo. Un modo di dire che apprezzo e che ho adottato nella mia vita”.

Stare su un palco significa anche essere al passo con i tempi ed essere aggiornati.

“È doveroso, soprattutto per la risonanza che uno scivolone può avere. Non vorrei mai salire sul palco e fare una battuta di repertorio e nel frattempo è accaduto un fatto di cronaca che la rende cinica e crea il gelo in sala. Non si può sapere tutto sempre, però tenersi informati è importante”.

Che rapporto ha con il pubblico?

“Di assoluto rispetto e ammirazione. Pensi che a ogni inizio spettacolo sottolineo che nessuno verrà coinvolto. Perché secondo me lo spettatore di cabaret ha paura di essere ridicolizzato, soprattutto chi siede nelle prime file. Credo addirittura che queste siano le uniche serate dove il pubblico paga per non sedersi davanti”.

Oggi è più facile o difficile far ridere rispetto a quando ha iniziato?

“Oggi con l’esplosione della stand-up comedy ci sono molte più possibilità e il pubblico è più abituato a questo genere di spettacoli. Nel 2004, a Zelig, ero uno dei pochi a tenere dei monologhi e a non fare un personaggio, elemento che determinava il successo al tempo. Forse ero troppo in anticipo ma piano piano, con l’evolversi dei linguaggi e l’arrivo di nuove ispirazioni, la differenza non si percepisce quasi più”.

Quanto abbiamo bisogno di ridere?

“Sempre e comunque. Purtroppo o per fortuna la realtà ci offre sempre più spunti su cui ridere, ma bisogna capire come ridere. Si può ridere di tutto, ma è necessario capire la sensibilità del pubblico e la propria. Ad esempio, io mi trovo più a mio agio a parlare di vita quotidiana, mentre certi argomenti come il sesso, la politica o la religione non sono nelle mie corde”.

E forse è questo il segreto del suo successo?

“Già il fatto che io abbia successo mi lusinga. Credo che al pubblico piaccia il mio modo di raccontare la quotidianità, nella quale le persone si possono ritrovare e rivivere certe situazioni. Quando ti rendi conto che qualcosa non capita solo a te, ti senti più normale e meno solo. È una sorta di condivisione di cui, forse e a volte, abbiamo bisogno”.