
IN MARCIA Qui e sotto due immagini del film di Capossela Un percorso fra mito e storia attraverso i suoni e la vita della gente dell’Irpinia
Milano, 13 gennaio 2016 - Il viandante attraversa valli e fiumane, vicoli e strade, bussa a risposte, trova da rabdomante la musica consolatrice e la parola, le impronte del mito. Il film “Vinicio Capossela. Nel Paese dei Coppoloni”, che esce il 19 e 20 gennaio nelle sale prodotto da laeffe di Feltrinelli e La Cupa, “ sta in mezzo al libro, Il Paese dei Coppoloni (Feltrinelli) e il disco, che uscirà a marzo, le “Canzoni della Cupa” che nascono da queste storie e le commentano”. Vinicio Capossela ripercorre una natura mangiata dal saccheggio energetico, le pale eoliche piantate come croci, il mugghio taurino di un fiume cantato da Ovidio, il bestiario e la foresta.
L’alta Irpinia fra le rotaie arrugginite della ferrovia e i sentieri del mulo, le strade dove Capossela viaggia, uomo mulo con le fascine in spalla, rabdomante cantante in camioncino. L’uomo animale e l’animale uomo, sotto la luna, lo sguardo e il grido della Cupa. Il regista Stefano Obino lo segue con la macchina da presa come un chierico, sorretto dalla fede. Perché qui si scava nel giacimento del mito, il geografico diventa geofisico, legato alla memoria e alla parola del Viandante.
L’etnoantropologia culturale diventa non un docufilm ma un grande oracolare orecchio in ascolto. I luoghi delle culture orali, di racconti e canti, la materia di un libro che diventa linguaggio altro. Dentro, racconta Vinicio, “una terra ancestrale, incurante, abituata a scrollarsi di dosso l’uomo e le sue opere effimere. Le facce di quella terra, la lingua di quella terra. E naturalmente la musica che affiora da quella terra”. La realtà si manifesta da sola, fra il coro greco delle donne mamme, il coro virile che decanta la bellezza della “padrona mia”. Capossela percorre strade abbandonate e bussa alla porte di un ostinato silenzio, riporta l’origine e la fine di tutto nella natura violata, di giorno, e in quella misteriosa, oscura e incontaminata, del bosco di notte. Entri nel negozio del barbiere Giovanni Sicuranza, custode della lingua e delle storia calitrana, e trovi seduti i narratori. Perché il paese è Calitri e la montagna un nuovo Olimpo agreste. Cicci’Bennett, il cantante andato e tornato in nave dall’America. Peppe Matalena, il violinista secco, elegante maestro di sala. Armando Testadiuccello, la Banda della Posta. E gli sponzali perduti, i filmati d’archivio sui lavori della ferrovia e le feste, le foto di chi non c’è più. Vinicio sulla trebbiatrice volante, è la chiave di questo viaggio nel mito, “alla ricerca dell’Heimat, sono nato in Germania, parola femmina e materna, paesaggio e mondo perduto dell’infanzia. Rispetto al tempo siamo tutti migranti”. Il video di “Il Pumminale”, il cane mannaro, diavolo tentatore ch trasforma Mastro Giuseppe in un uomo maiale sedotto dalla donna carnale, è di Lech Kowalski, che ha documentato Sex Pistols e Dee Dee Ramone.
di MARCO MANGIAROTTI