Milano – Il De Gregori che non ti aspetti si racconta da martedì prossimo a Milano sul palco del Teatro Out Off di Via Mac Mahon con venti notti di musica e parole inerpicate tra canzoni che per molti la patina del tempo potrebbe rendere una scoperta. Questa “residency” - che dal 29 ottobre al 23 novembre riporta il Principe “stanziale” dei fortunatissimi concerti al Teatro Ambra della Garbatella di cinque anni fa - gioca, infatti, su una scaletta a geometria variabile in parte fissa e in parte rinnovata ogni sera con l’aggiunta di pezzi “non propriamente famosi” pescati nella sessantina approntata per l’occasione. Qua e là qualche ospite che lo spirito gioviale del diretto interessato inghiotte nel riserbo più totale.
Niente di nuovo sotto il sole, anzi la luna, visto che il cantautore romano, prima ancora del Teatro Ambra, aveva abbozzato l’operazione già nel 2011, sempre nella capitale, sul palco del The Palace, traendone l’album dal vivo “Pubs and Clubs - Live@the Place”. “Questo lavoro è anche un grande circo, ma c’è modo e modo di starci dentro”, spiega De Gregori nelle interviste, raccontando come sotto al tendone di Buffalo Bill ci sia entrato un po’ anche lui. “Credo di essermi sempre ricavato, però, un piccolo spazio di autonomia ideale e spirituale nei ‘protocolli’ che disciplinano questo lavoro”. Questa esperienza milanese di “Nevergreen (perfette sconosciute)” al Teatro Out Off è figlia proprio di quella volontà. “Se potessi farmi un regalo, vorrei fosse la voglia di sperimentare, di giocare su vari tavoli per spiazzare me stesso e, magari, pure il mio pubblico”.
Dopo il naufragio del progetto a due con Checco Zalone (cos’altro avresti mai potuto aspettarti da un disco che ignorando, o quasi, la presenza dell’idolo pugliese suonava alla De Gregori “ma poco poco”?) e il successo dei concerti “greatest-hits” estivi, Francesco riparte da Francesco, quello che con diversi anni di meno e qualche capello in più provava a sfuggire alla ferocia dei tempi cercando un altro Egitto. Magari sul palco di quel Folkstudio dove l’intimità e le memorie ondulate dal tempo rincorse da questo ritorno alla dimensione del club sembra tendere con eccitazione, emozione autentica, e quella bella punta di nostalgia che per venti notti l’applauso del pubblico pagante (115 euro più commissioni) sottolineerà.