
Nicolai Lilin
Milano, 27 dicembre 2015 - Immagini evocative, disegni e parole per dare voce al proprio passato. È un’autobiografia illustrata l’ultima opera di Nicolai Lilin, scrittore di origine russa che ha conquistato milioni di lettori grazie alla pubblicazione del suo romanzo d’esordio, “Educazione siberiana”, da cui è tratto il film diretto nel 2013 da Gabriele Slavatores. Edito da Rizzoli, “Un tappeto di boschi selvaggi” ripercorre i momenti salienti della vita dell’autore attraverso appunti, fotografie e pagine di diario.
L’amore per il nonno, personaggio fondamentale dell’immaginario dello scrittore, l’infanzia “criminale” trascorsa in Transnistria, la guerra, i tatuaggi e l’amore per la letteratura sono solo alcuni degli argomenti trattati nel volume. Abbandonando la finzione e con grande sincerità, l’autore dà sfogo alla propria memoria, lasciando che i ricordi affiorino e trovino una forma anche visiva all’interno del testo. Reduce dal successo dei precedenti romanzi, Lilin sceglie, quindi, il genere autobiografico per mostrare e raccontare ai lettori le esperienze che hanno influenzato e determinato il suo modo di osservare il mondo, realizzando un originale dialogo tra presente e passato.
Lilin, da dove nasce Un tappeto di boschi selvaggi? «È un’idea che coltivo da molto tempo, ma che in passato non ero mai riuscito a realizzare. Quest’anno mi sono ritagliato dello spazio per poter lavorare a questo progetto che ha richiesto molto impegno. Non è un libro qualsiasi, ma un volume in cui immagini e testi devono dialogare tra loro in maniera equilibrata».
Nell’introduzione scrive che “in queste pagine si trovano più domande che risposte”. Quali sono questi interrogativi? «Direi che sono le domande che si pone ogni uomo col trascorrere degli anni. Ad un certo punto diventa quasi spontaneo interrogarsi sul proprio passato, capire chi siamo o il senso dell’esistenza».
Come è avvenuta la ricerca delle immagini? «Alcune provengono dal mio archivio personale, altre ho dovuto ricercarle. Nel testo non ci sono solo fotografie, ma anche locandine e pubblicità che risalgono agli anni dell’Unione Sovietica. Un aiuto prezioso mi è arrivato da mio padre e dai suoi amici, i “criminali” di una volta».
Perché ha scelto di pubblicare fotografie? L’immagine ha un ruolo sempre più importante nella nostra società, non temeva di fare un’operazione troppo commerciale? «Nel volume ho utilizzato diversi tipi di immagine, molte in bianco e nero. Hanno lo stesso valore delle parti scritte con cui si intrecciano. Non hanno nulla a che spartire con l’impatto delle immagini utilizzate dai social network».
Ha abbandonato i romanzi? «Assolutamente no. L’anno prossimo pubblicherò per Einaudi altri due testi: un romanzo e una raccolta di fiabe siberiane».
Come è cambiata la Transnistria in questi ultimi anni? «Oggi il mio Paese vive una dimensione cosmopolita, anche se sono anni che dobbiamo sopportare il boicottaggio degli Stati che ci circondano che si trovano sotto l’influenza della Nato e degli Usa».