REDAZIONE MILANO

Mal di gola, il miracolo di un santo e un frate goloso: ecco com’è nata la tradizione del panettone di San Biagio

Il 3 febbraio è dietro l’angolo e finalmente quel pezzo di panettone conservato religiosamente da Natale potrà essere degustato, con la sicurezza di proteggersi dai malanni di stagione

San Biagio di Sebaste non avrebbe mai immaginato che il suo nome, un giorno, si sarebbe legato a quello del panettone milanese

San Biagio di Sebaste non avrebbe mai immaginato che il suo nome, un giorno, si sarebbe legato a quello del panettone milanese

L’attesa è quasi terminata. Il 3 febbraio è dietro l’angolo, e la mattina di lunedì si potrà finalmente gustare quel pezzetto di panettone gelosamente messo da parte dal pranzo di Natale. Raffermo, asciugato e reso friabile quasi quanto una brioche, il panettone – attenzione! Dev’essere stato benedetto da un sacerdote: da questa regola non si transige – si trasformerà in una prodigiosa medicina in grado di guarire mal di gola, laringiti e nasi chiusi. E mentre lo gusteremo, ripeteremo a voce alta, o anche solo col pensiero, rigorosamente in dialetto milanese, la frase “San Bias el benediss la gola e el nas”. Gola, naso, bocca e dintorni saranno ancora più protetti dai malanni se il giorno prima, il 2 febbraio giorno della Candelora, ci si sarà fatti benedire con delle candele benedette.

Un martire guaritore

Leggenda, devozione popolare e anche un pizzico di superstizione, che non guasta mai, sono gli ingredienti del culto ancora molto radicato a Milano e in Lombardia del “panettone di San Biagio”. Tutto ha però inizio a migliaia di chilometri di distanza dalla Lombardia, col protagonista principale di questa bella storia che è il santo e martire armeno Biagio di Sebaste. Vissuto nel III secolo e morto il 3 febbraio del 316 per mano dei Romani, davanti ai quali si rifiutò di abiurare il Cristianesimo. Un santo, certo, ma anche un medico e un guaritore quando era in vita. Le scritture non mentono: “Nel tempo della persecuzione di Licinio, imperatore perfido, san Biagio fuggì, ed abitò nel monte Ardeni o Argias; e quando vi abitava il santo, tutte le bestie dei boschi venivano a lui ed erano mansuete con lui, egli le accarezzava; egli era di professione medico, ma con l'aiuto del Signore sanava tutte le infermità e degli uomini e delle bestie ma non con medicine, ma con il nome di Cristo. E se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, il santo con la preghiera l'estraeva, e sin da adesso ciò opera; se qalcuno inghiottiva un osso, o spina, col solo ricordare il nome di San Biagio subito guariva dal dolore...”

Il panettone di San Biagio ha virtù curative
Il panettone di San Biagio ha virtù curative

Prodigi 

E sembra proprio che la parte del corpo in cui i prodigi di San Biagio si manifestano con maggiore forza sono quelli della gola e della laringe. Lo scoprirà, benedicendolo, una donna che si rivolge a lui mentre il futuro martire, catturato in una grotta dove si è rifugiato, viene portato a Sebaste: la donna lo supplica di salvare il suo bambino che rischia di morire per una lisca che gli si è conficcata in gola; San Biagio non si fa pregare due volte ed ecco che quella lisca scompare all’istante. Il piccolo è salvo.

San Biagio è anche una specie di Sant’Antonio anzitempo. Ama gli animali, ricambiato. Nell’abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, nel Torinese, gli è stata dedicata una cappella dove, in un affresco tardo gotico di Giacomo Jaquerio, è raffigurato indenne tra gli animali feroci. A Siena un altro affresco lo rappresenta mentre, ancora nella grotta, viene amorevolmente nutrito dagli uccelli. E infatti, in un altro miracolo a lui attribuito, una donna disperata perché un lupo gli aveva preso il maiale, unico bene in suo possesso, è rassicurata da Biagio in persona che presto riavrà la sua bestia. E così è: il lupo si presenta al santo e mansueto gli restituisce il maiale.

Il frate affamato

Dall’Armenia alla Lombardia. Se lo sarebbe mai immaginato il martire nato e venuto a mancare nell’Anatolia centrale che un giorno, a Milano e in Lombardia, sarebbe diventato il protagonista di un culto ancora oggi amato e seguito? Probabilmente lo avrebbe predetto. Tutto merito di una donna che, appena prima di Natale, si reca da un certo frate Desiderio per fare benedire il panettone che lei aveva preparato per la sua famiglia. Il frate, molto occupato, risponde alla donna di lasciargli il dolce per qualche giorno, per poi passare a ritirarlo: si occuperà di benedirlo non appena troverà un secondo di tempo.

Passato Natale, Desiderio rivede il panettone nella canonica: si era dimenticato di benedirlo. Essendo ormai secco, il frate pensa che anche la donna se ne sarà dimenticata e quindi se lo mangia nei giorni successivi, per non rischiare di doverlo buttare. Pezzo dopo pezzo, il panettone sparisce nello stomaco del frate ghiottone. Il 3 febbraio, la donna però si ripresenta per avere indietro il suo panettone benedetto. Frate Desiderio, in canonica, scopre con sua grande sorpresa che la carta usata per coprire il dolce è di nuovo gonfia, piena di un panettone grosso il doppio di quello che gli era stato lasciato. È il miracolo di San Biagio.