Milano – Forse, il curioso vizio che gli uomini hanno da sempre: cercare le proprie origini e capire cosa li attende, a teatro trova una risposta. La offrono in “Darwin, Nevada”, in prima assoluta al Piccolo Teatro Strehler, da oggi al 16 febbraio, il sapiens affabulatore Marco Paolini, che il progetto ha concepito (e in scena sta con tre donne e un uomo), e il britannico sapiens seppur giovane e un po’ onirico regista Matthew Lenton. “Bel lavoro di squadra - dichiarano unanimi - che ha coinvolto anche illustri scienziati e storici e filosofi e paleontologi, come avviene quando si lavora in gruppo, per far progredire la ricerca scientifica. Marchio: “Fabbrica del mondo”. In tournée, andremo anche a Glasgow”.
Teatro di ricerca? “La ricerca pura - rassicura Paolini - nel nostro mestiere non è possibile farla. Il finale, bisogna trovarlo. Ma vogliamo comunque far capire che il processo conta più del prodotto, più del risultato”. Come? “Facendo scoprire, soprattutto al pubblico dei non informati, i “Taccuini” di Charles Darwin, padre dell’evoluzionismo. A questa teoria, rivoluzione scientifica tra le più importanti e controverse (di fatto rende inutile l’esistenza di Dio) arrivò con un lungo travaglio di dubbi: 22 anni a riflettere prima di pubblicare “The Origin of the Species”. Travaglio che raccontò scribacchiando su questi quadernetti”.
Tanto preziosi da essere stati rubati all’Università di Cambridge 25 anni fa. E vent’anni dopo, il giorno di Pasqua 2022, misteriosamente restituiti, in una busta, con su scritto: “Librarian/ Happy Easter/ x”. Nessun indizio sul responsabile del furto, e su cosa fosse accaduto nel frattempo. Ma l’ipotesi che Paolini e company provano ad avanzare è tanto lontana dalla realtà? Suvvia, ci confessi che non solo ha preso in mano i taccuini, ma ha investigato sulla loro sparizione, trovando serie tracce... “Posso dire che attendiamo, tra gli spettatori, il vero ladro venire ad accusarci che la nostra è solo una farsa. Certo, noi giochiamo sulla sua identità. Portandovi a Darwin, ghost town, città mineraria ai margini del nulla nel deserto del Mojave, da migliaia di abitanti passata a 35, in California (ma noi la spostiamo di poco nel Nevada)”.
Perché proprio là? “Perché là le teorie di Darwin sono forse meno accettate. Ovvero, in quel mondo protestante e conservatore che costituisce anche il blocco di elettori dominante della potenza economica e militare più forte del pianeta. Perché è davvero curioso riscontare come negli Stati Uniti - che, se pur con maggiore fatica, continuano a svolgere un ruolo ancora centrale per il pianeta - abbiano al loro interno una schiacciante maggioranza di persone che preferiscono usare la Bibbia come testo scientifico, ricusando non solamente i testi di Darwin, ma tutto ciò che ne è scaturito: le ricerche sulla fisiologia della mente e del corpo umano e gli approfondimenti intorno alla relazione tra uomo e natura che ci hanno portato a ridimensionare sensibilmente il nostro antropocentrismo. Là potrete fare la conoscenza di Greta e del suo compagno, il quale sostiene di essere lo spirito di Charles Darwin. E dove c’è pure uno sceriffo trumpiano, appassionato di farfalle monarca”.
Ecco, almeno, spiegato lo svolazzare, sul manifesto e nella pièce, di vari esemplari della specie Danaus plexippus, conosciuta per la sua migrazione: ogni anno queste farfalle si spostano per migliaia di chilometri, dal Nord America al Messico. Ulteriore indizio per riflettere, noi, ora, come il clima generi il cambiamento di habitat, e nel secolo a venire sarà un vantaggio essere un nomade. Perfetta, la leggerezza del loro volo, per rappresentare il proposito di Matthew, tra l’altro pronto a credere in Dio, anche se due specie di uccelli, per esempio, evolvono in maniera diversa su isole diverse: “Il teatro deve emozionare, non impartire lezioni”. E di Marco: “Fare teatro d’evasione significa anche liberarci dalla contemporanea rassegnazione che tutti ci opprime. Raccontando l’adattamento, feroce, che ci aspetta, mentre si profila la catastrofe ambientale, e tutto cambia troppo velocemente, né possiamo proprio rallentare”.
Luogo privilegiato, il teatro, per dialogare con la conoscenza, anche scientifica: “In proposito - aggiunge Claudio Longhi, che con Paolini su Darwin ha incominciato a riflettere ancor prima del Covid - vorrei ricordare i magnifici ‘risultati’ ottenuti per il Piccolo Teatro con “Infinities” da Luca Ronconi, di cui quest’anno ricorre il decennale della scomparsa”. E non dimentica di segnalare, tra gli appuntamenti “Oltre la scena”, un wall_talk su dove veniamo e dove stiamo andando, tra resti fossili, manifestazioni di pensiero, e letture di attori e attrici dello spettacolo, al Museo di Storia Naturale, 5 febbraio, ore 17.