FABRIZIO LUCIDI
Cultura e Spettacoli

Michele Masneri alla Triennale di Milano: la mia Grande Bruttezza tra influencer, creator e nobili veri o presunti

Lo scrittore racconta Roma (e di riflesso Milano) con le sue nevrosi "Nella Capitale regnano le sòle, ma anche Milano non scherza: tutti startupper con una vision, poi vivono in un sottoscala a Baggio"

Michele Masneri, 50 anni, nato a Brescia e trapiantato da un quarto di secolo a Roma

Michele Masneri, 50 anni, nato a Brescia e trapiantato da un quarto di secolo a Roma

Milano –  Quel che resta , sotto una società in putrefazione, è l’umanità. Al netto di nobili finti e veri, nomi altisonanti ereditati o inventati, progetti concreti o fantasie internettiane spacciate per verità galileiane, lo sguardo di Michele Masneri, penna del Foglio e romanziere, è comprensivo. Merito anche di una romanità acquisita, “antica“ di 25 anni, lui che è nato a Brescia e dall’asilo fino all’adolescenza è stato (de)portato dal padre pioniere di una sorta di agribiologia d’antan in un paesino sul Garda tra piante e bestie. Poi il ritorno a quella che pensava civiltà, Milano e infine lei, Roma, Silicon Valley sì ma della decadenza, scelta su consiglio di un amico siciliano. Amata, odiata, comunque mai più lasciata. Oggi Masneri tornerà su al Nord, a Milano, nel giardino della Triennale alle 18,30 a presentare il suo “Paradiso“ (Adelphi) con Carlo Antonelli e Luca Guadagnino.

Masneri, nel suo romanzo emerge - potente - la disillusione condita dal cinismo. E Barry Volpicelli a tratti sembra Jep Gambardella protagonista della Grande Bellezza. Quanto del film è nel libro?

"In realtà non c’entra molto La Grande Bellezza, ma è un riferimento. Direi che quella che racconto io è La Grande Bruttezza, ora che sono trascorsi dieci anni. Anche quel film, d’altronde, era ispirato dalla Dolce Vita, una cosa mai esistita. Le uniche storie su Roma che puoi scrivere sono queste, di un’umanità grottesca tra giornalisti, nobili decaduti e sfessati vari. Esiste ancora oggi questo mondo, volevo raccontarlo. La prima idea del libro è nata durante il Covid, in una Roma bellissima, deserta e inquietante, erba alta nelle strade, nessuno in giro. Volevo raccontare una città sempre immobile, che non cambia mai. E di un gruppo di persone che si va a rinchiudere in un Paradiso".

“All’inizio ci ho creduto anche io, alla favola del giornalismo” dice l’alter ego del protagonista nel libro, Barry. E il protagonista Federico Desideri è intrappolato in un lavoro che giornalismo non è. Cosa resta del giornalismo oggi?

"Resta per noi, che il giornalismo lo amiamo, sempre più compresso lo spazio tra influencer, algoritmi, clic, pezzi veloci per l’online. Nel mio romanzo c’è Federico, il giovane che ci crede ancora, e il vecchio Barry disilluso che dice: “L’unico giornale possibile è fatto di necrologi“. Una battuta, ma mica tanto..."

Ma lei crede abbia un futuro il giornalismo?

"Io ci credo, per forza di cose. Se non ci credessi, mi sparerei. Certo, non è un bel segno che ormai quando passano di mano, i giornali quasi mai vanno a editori puri ma a imprenditori che si occupano d’altro, di sanità magari, e usano i giornali solo come forma di pressione. In America, stessa dinamica: i giornali vengono comprati da signori come Jeff Bezos o la vedova di Steve Jobs, perché gli costano come una barca, e neppure tanto grande. Bezos i 250 milioni di dollari spesi per il Washington Post li guadagna in 3 giorni. Difficile oggi trovare un modello di business per il giornalismo che stia in piedi, ma il suo ruolo resta fondamentale. E in qualche modo sopravviverà: Jas Gawronski mi raccontò che suo nonno, fondatore della Stampa, quando lui voleva fare il giornalista, gli disse: “Guarda che è un mestiere finito”. Era il 1950. Siamo ancora qui. Vuol dire che c’è ancora speranza".

Scrive che “Milano è una gigantesca Tuscolana, ma tenuta bene“. Quali le differenze tra Roma e Milano, visto che lei ha vissuto in entrambe ?

"Sono diversissime, ma due facce della stessa medaglia perché alla fine a Roma prevale il grottesco e il personaggio strambo, il sòla, ma anche a Milano ci sono un sacco di sòla che si aggirano, negli ultimi tempi è una grande commedia all’italiana. Tutti startupper con una vision, creator che fanno revenue, poi metà di loro vivono in sette in un seminterrato a Baggio. Non capisco mai che lavoro facciano, “Business consulting per un biscottificio biologico“... tutto molto strano. Eppure tutti a Milano si prendono sul serio, mentre a Roma nessuno si prende sul serio. Che poi è la fortuna di Milano perché il sistema funziona, produce. Ma è anche il motivo per cui non c’è mai stata La Grande Bellezza a Milano: se li critichi si arrabbiano, nel 2019 presi in giro il modello Milano e i suoi eccessi, i prezzi della case alle stelle. Risultato? Sembrava avessi bestemmiato in chiesa. “Come osa, come si permette, chi c’è dietro?” si chiedevano tanti milanesi. A Roma, lamentarsi di Roma è l’unica industria rimasta, se ne parli male non ti caga nessuno. Tanto che c’è pure un sito che si chiama “romadaschifo“. A Milano ti arresterebbero, urlando al complotto".

“Milano non ha gli anticorpi per le sòle“, dice. E a proposito di sòle, gli influencer (nel libro Finazzer e la domestica, coppia spassosissima) sono i nuovi profeti del presente? Durerà? O dopo il “Pandoro gate“ tutto è cambiato? Cosa resterà di questo fenomeno?

"Per me è finita la fase degli influencer “generalisti“, tipo Ferragni stile famiglia reale che mostra i figli, la vita di lusso, che mettono in mostra tutti i fatti loro. I Ferragnez erano più ascoltati di Mattarella, se ci pensi ora fa un po’ ridere: sembrano passati 10 anni, era così solo 6 mesi fa. Anche l’esibizione del lusso sfrenato, era la cosa che li ha fatti diventare da amatissimi alla gente che poi si è stufata. Tutto questo è finito per sempre, continueranno a esistere figure più piccole, meno “guru“, meno esposti".

Qualcosa si salva dalla putrescenza che sembra avvolgere l’Italia?

"Sì, si salva l’umanità. Nel mio libro neppure i più cialtroni sono mai davvero cattivi. Restano umani, in fondo. Nella putrescente Roma come nella scintillante Milano".

E l’attuale momento politico?

"Complicato, viene voglia di rifugiarsi in un paradiso anche a noi, per chiudersi dentro...".