DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

“I Millennials? Mai cresciuti, ancora chiedono aiuto ai genitori”: il senso di Giorgia Fumo per l’ironia

Lasciata definitivamente l’attività di consulente, torna con il suo “Vita Bassa” al Teatro Manzoni. “Devo fare più ordine nel mio archivio, butto via troppe battute. E sogno lo Special su Netflix”

Giorgia Fumo

Giorgia Fumo

MILANO – È un mondo adulto. Dove si sbaglia da professionisti, come canta Paolo Conte. E infatti non sono pochi gli spunti curiosi su cui ridere. In compagnia di Giorgia Fumo. Che all’argomento ha dedicato il suo “Vita bassa”, dal 3 al 6 marzo ospite del Teatro Manzoni. Un monologo. Comico. Scritto insieme a Manuela Mazzocchi, per la regia di Enrico Zaccheo. Un piccolo caso della scorsa stagione. Con cui l’ex-ingegnere torna in tournée, divertendosi intorno a un tema di cui fa parte: il mondo adulto. O quel che ne rimane. Al solito raccontato con molta (molta) intelligenza.

Giorgia, non fa più la doppia vita?

“No, ho lasciato l’attività di consulente nel luglio 2023, altrimenti ora sarei fuori di testa. Anche perché sono sempre in viaggio, dormo poco, mangio quando capita e lotto contro i disguidi di treni e aerei. Avere uno staff ha però migliorato le cose. E poi mi è rimasto un approccio ingegneristico ai problemi: osservo, scorporo, analizzo col gruppo, risolvo”.

Fa così anche con la comicità?

“In qualche modo. Nel senso che assemblo io direttamente sul palco, non vado in scena subito con il pezzo già scritto. Per me rimane fondamentale l’improvvisazione, anche nel momento della creazione. Altrimenti mi annoio”.

Le piace lanciarsi senza paracadute.

“Esattamente. Ma l’improvvisazione vera, non quella roba che scendi dal palco e domandi a due se sono sposati. Mi tiene sveglio il cervello: è una tecnica, una questione di allenamento”.

Lo spettacolo?

“È un’analisi sociologica dal vivo sul palco, quello che facevo in ufficio. E l’oggetto di studio sono le generazioni. Guardo insomma come siamo messi, scattando una fotografia di noi adulti oggi”.

E quindi come siamo messi?

“Male. Meglio riderci su, altrimenti c’è da mettersi le mani nei capelli, per chi ne ha ancora. Non abbiamo avuto la possibilità di diventare adulti davvero, basta guardare i contratti di lavoro o la difficoltà di comprare casa. Chiediamo aiuto ai genitori perfino per portare i bambini a scuola”.

Be’, dipende. Ma sta parlando dei 40/50enni?

“No, dei 30/40, i Millennials. Quelli dopo, la Generazione X, se li sono dimenticati tutti”.

È una cosa un po’ forte da dire.

“Mi spiace ma siete letteralmente scomparsi...”.

Quando è comparsa invece la comicità nella sua vita?

“Con le prime lezioni di teatro, qualche anno fa. Il corso di improvvisazione costava meno e oltrettutto lavoravo tanto, non potevo permettermi di imparare a memoria chissà quali parti. È stata una rivelazione. Un amico presentava serate di stand-up in un locale di Pisa e mi sono iscritta a un “open mic“. È andata bene”.

Riferimenti?

“A parte il Trio e in particolare Anna Marchesini, da sempre guardo poca tv, mi annoia. Quando ho scoperto Youtube mi divertivano molto i primi creator. E poi fumetti, graphic novel. L’interesse per la comicità è tornato con la stand-up e le proposte delle piattaforme, i talenti anglosassoni, le serie come The Office, che rimane la mia preferita in assoluto”.

Sogno nel cassetto?

“Lo Special su Netflix, anche questo molto generazionale”.

In cosa deve migliorare?

“Devo fare più ordine nel mio archivio, butto via battute e materiali che andrebbero ancora lavorati. Diciamo che mi piacerebbe non peggiorare”.

Cosa intende?

“Restare fedele al mio stile, senza il panico di piacere a tutti e a tutti i costi. Non ho bisogno di inseguire una moda o di iniziare a parlare per forza di certi temi. L’ho imparato dopo le prime volte in tv. Quando sei l’ultima arrivata, tutti si sentono in diritto di darti consigli. Mi è capitato di seguirli e sbagliare, pentendomene. Devo fare solo le cose come le so fare”.

Ma se le proponessero una trasmissione ultrapop, la vivrebbe come un tradimento?

“La nostra tv è un po’ villaggio turistico. Credo però che manager e produttore mi spingerebbero a pedate, alla fine la farei. Ma il rischio è di essere la timidona del gruppo, di imbarazzarmi e di fare la figura della bambina nell’angolo da sola alla festa”.