
I Nomadi
Milamno, 31 maggio 2019 - Attenti al gorilla In quell’Arca di Noè evocata dai sei volti d’animale hi-tech che campeggiano sulla copertina del nuovo album dei Nomadi “Milleanni”, sul mercato da oggi, le preferenze zoologiche di Beppe Carletti vanno ad un simbolo di forza e generosità quale il primate. La bandiera dell’epopea di “Io vagabondo”, 72 anni, ne parla nei suoi uffici milanesi in zona Pagano, sottolineando come degli undici brani in repertorio due siano inediti e nove riveduti corretti, da “Con me o contro di me” allo strumentale “Il paese”, compresa una versione di “Ma noi no” cantata da Augusto Daolio e mai pubblicata prima.
Carletti, da dove arriva la voce di Augusto?
«Da un provino inciso su una bobina saltata fuori riordinando l’archivio. Per dare un colore diverso, se si vuole, una continuità a ciò che i Nomadi sono stati e quello che sono, ho pensato di far incontrare nel finale la voce di Augusto con quella di Yuri. Quasi un passaggio di testimone fra coetanei, visto che Daolio nell’89 aveva 44-45 anni come oggi Cilloni».
La differenza si sente, ma poco.
«Yuri non imita certo Augusto, ma, dopo un cantante torinese e uno di Padova, il fan avverte subito la vicinanza dei loro mondi dovuta ad una comunanza di radici. Soprattutto nella pronuncia delle vocali».
“Milleanni” porta la firma di sua figlia Elena, il cui primo impegno è quello di sindaco di Novellara.
«Elena aveva già collaborato con noi nell’album “Terzo tempo”, ma stavolta l’ho quasi costretta. Per il mio compleanno ha scritto, infatti, sui social: mio papà ha mille anni dentro e mille nel cuore. Le ho detto che era una frase troppo bella per non finire in una canzone. E così è stato. Non è la sua professione, perché adora insegnare, ma è andata bene. Pure l’altro inedito “L’orizzonte di Damasco” è suo».
Nella stessa “Milleanni” c’è un suono nuovo rispetto a quello tradizionale del gruppo.
«Merito del produttore Diego Calvetti. Abbiamo iniziato il nostro rapporto con la realizzazione di questo singolo, ma prossimamente vorrei affidargli la produzione di un intero album. Il pezzo era pronto, ma lui ha dato delle mani di colore, facendo risuonare la batteria come voleva lui. Gli ho dato carta bianca. Per imparare. Era dai tempi di Gianpiero Reverberi, ai tempi della sigla del “Rischiatutto”, che non collaboravamo con un direttore d’orchestra».
Avevate provato Sanremo?
«Sì, ma non è andata».
Sulla copertina oltre al gorilla, ci sono un toro, un’aquila, una tigre, un cervo e un panda. Cosa significano?
«Visto il titolo del disco, dovremmo chiederci se fra mille anni quelle specie, a cui aggiungerei pure l’uomo, esisteranno ancora...».