Milano – Non si sbaglia a definirlo ‘cantiere 900’ perché il museo negli ultimi anni ha continuamente cambiato pelle. E con la Galleria ‘Gesti e Processi’ aperta da ieri al pubblico il Museo del 900 presenta l’ala delle Collezioni permanenti dedicata agli ultimi decenni del Secolo, dagli anni Sessanta ai Novanta.
Si attraversano spazi immensi, al quarto piano del museo, ora riallestiti grazie anche alle ultimissime e preziose donazioni - da Maurizio Cattelan, Omar Galliani, Grazia Toderi - che abitano le sale con tutte le finestre e gli affacci della galleria, consentendo una vista panoramica completa sul Duomo e la sua piazza. Lo sguardo spazia e anche dall’esterno è possibile scorgere gli interni del museo come avviene per la Sala Fontana. Un assaggio di quanto poi prossimamente ci sarà con la creazione di un passerella di collegamento con il secondo Arengario.
Complessivamente sono 45 le opere non esposte nei precedenti allestimenti, 9 in comodato confermato, 21 in comodato nuovo e ben 7 donazioni. Fra queste quella di Grazia Varisco (protagonista dell’Arte Cinetica) e il prossimo arrivo di opere di grande rilevanza come ‘I funerali dell’Anarchico Pinelli“’ di Enrico Baj attualmente esposta nella mostra monografica a Palazzo Reale.
“I musei sono un corpo vivo, che si rinnova continuamente grazie a un’incessante attività di conservazione, ricerca e studio – sottolinea l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi –. È proprio grazie a queste attività e le imporanti donazioni e comodati, che il Museo del Novecento ha già visto nel 2021 il riallestimento della Galleria del Futurismo, diventata così la più importante collezione di opere futuriste al mondo. Con la Galleria ‘Gesti e Processi’, non solo si inaugura un dialogo architettonico tra il Museo e il Duomo di Milano, ma si viene a creare un diverso racconto del secondo Novecento, quello che va dagli anni ’60 agli anni ’90”.
Come spiegato anche dal direttore Gianfranco Marianiello “la Galleria ‘Segno e Materia’, al quinto piano del Museo è in corso di riallestimento e proporrà a breve una nuova narrazione degli anni ’50 e ’60 del secolo”. A Piero Manzoni è dedicata l’intera sala introduttiva del percorso, con le sue opere accompagnate dalle fotografie di Mulas; il percorso si conclude con un’opera emblematica di Maurizio Cattelan, quel Lullaby che è quasi una dichiarata espressione di fine dell’utopia nella drammatica e disillusa raccolta e riproposizione della macerie del PAC distrutto nell’attentato del 1993. Da considerarsi una data limite, a conclusione delle aspirazioni del Secolo Breve: come suggerisce Maraniello “questa metafora di riscatto dalla condizione traumatica proposta da un simile ready made sarà interpretata dal Museo del Novecento come spartiacque per una rinnovata considerazione dell’arte in progress nella complessità del mondo contemporaneo e nelle ricerche sempre più internazionali”.
Bello perdersi nelle maestose sale, dove le installazioni creano nuove interazioni con i visitatori: come con “Scultura da prendere a calci“ di Gabriele Devecchi (1959-2024) che si può veramente prendere a calci. Poi, nella sala 7, ci sono le opere di Luciano Fabro, Raccordo anulare 1962 e Pavimento. Tautologia,1967 (2024) fatto con carta di giornale. E poi Kounellis, Mimmo Paladino. Sino a chiudere in bellezza, con Cattelan, Arienti (ha donato Giardino di Monet, 1989) e Liliana Moro (Paradiso artificiale, 1990).