ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Il pop-rap esplicito e provocatorio di Doja Cat: “Non portate bambini ai miei concerti”

L’artista californiana delle hit mondiali “Say so” e “Juicy” all’ippodromo di San Siro con il nuovo disco “Scarlet”

Doja Cat

Doja Cat

Più facile Doja Cat. Chiamarla, infatti, Amala Ratna Zandile Dlamini è un’impresa alla portata solo dei più patiti cultori del pop-rap californiano. L’eroina di hit come “Say so”, “Juicy”, “Like that”, o quella “Paint the town red” giocata su un campionamento della “Walk on by” di Burt Bacharach, debutta domani in Italia agli iDays, traslocati dopo le gesta epiche di Metallica, Lana Del Rey e Green Day dall’Ippodromo Snai La Maura a quello di San Siro per una seconda parte del cartellone che prevede nei prossimi giorni le presenze pure di Tedua (29 e 30 giugno), Queens of the Stone Age (6 luglio), Bring Me the Horizon (7 luglio), Sum 41 e Avril Lavigne (9 luglio), Stray Kids (12 luglio).

Anche se domani la line up di questo quarto appuntamento vede in scena pure Big Mama e la Hemlocke Springs di “Girlfriend”, il focus della giornata è concentrato sulla provocante (e sovente svestita) minidiva californiana, che tre mesi fa ha cancellato il suo account Instagram, lasciando oltre 28 milioni di follower, infastidita dall’eccessiva pressione. Basta andarsi a guardare qualche foto sul web per farsi un’idea delle possibili ragioni.

Arrivata con “Scarlet” al quarto progetto discografico, il più importante finora della sua carriera, Doja Cat - nome in cui sintetizza il suo amore per i gatti e la marijuana - è nata a Tarzana, periferia meridionale di Los Angeles, dall’artista Dumisani Dlamini e la graphic designer Deborah Sawyer con cui s’è trasferita prima a Rye, nello Stato di New York, e poi di nuovo in California in un ashram guidato dalla pianista jazz e swamini Alice Coltrane.

“Il mondo sa essere davvero folle e penso che le persone ricorrano ad alcune espressioni di cultura pop proprio per fronteggiare il caos in cui vivono, per trovare qualcosa che dia loro gioia" ammette Doja-Amala, che in questo show attinge 14 dei 21 brani in repertorio proprio da “Scarlet”. "Il bello di quel che faccio sta proprio nella possibilità di aiutarle nella loro ricerca. Ecco perché non penso che la mia sia una musica destinata ai bambini e invito caldamente i genitori a lasciarli a casa, quando vengono ai miei concerti". E con la presenza in scaletta di brani espliciti tipo “Wet vagina” (traduzione superflua) come fai a darle torto? Pubblico avvisato, mezzo salvato.