Milano – Chissà cosa (non) si vedrà su quel palco. Certo con lui basta il nome: Rocco. E subito l’immaginazione corre piuttosto veloce. Anche se in questo caso, il mettersi a nudo dovrebbe essere concetto del tutto figurato per la pornostar più amata del Paese. Che ha deciso di provarsi con il teatro. Per la prima volta. Titolo: “Siffredi racconta Rocco”, solo stasera agli Arcimboldi di Milano. Un viaggio in una vita dai numeri impensabili. In tutti i sensi. Chiacchierando con il pubblico di aneddoti, bizzarrie, incontri. Ma anche di cicatrici, ansie, conflitti interiori. E dell’amore grande per la moglie Rosa Caracciolo.
Rocco, sarà davvero sincero sul palco?
“Che problemi posso farmi dopo quarant’anni con l’uccello di fuori? Anzi, al limite parlerò troppo. Mia moglie si lamenta che non mi tengo nulla, neanche le cose che riguardano gli altri. Ma io sono così, non riesco a trattenermi e sono a disagio con la finzione”.
Anche sul set?
“Ancora di più. Perché la differenza la fa proprio la capacità di aggiungere o meno i sentimenti, un tratto di verità. E ho lottato tutta la vita per questa cosa, altrimenti è un porno fake. Che poi è il motivo per cui mi chiamò Catherine Breillat ad interpretare “Romance”. Mi disse che non le interessava che non sapessi recitare, lei cercava qualcuno in grado di metterci l’anima. È stato il più bel complimento che mi abbiano fatto sul lavoro. Ma a volte raccontare tutto mi crea qualche guaio a casa”.
È successo con la serie tv?
“Sì, anche per la vicenda di mio fratello. Ma continuo a preferire la schiettezza. Sarò molto più nudo del solito, nonostante sul palco mi presenti ultravestito”.
Forse ha bisogno di sudare fuori certe pagine della sua vita.
“Questo è un punto fondamentale. Io non ho mai fatto terapia. Poi nel 2016 quando mi sono ritrovato all’Isola dei Famosi ho pianto tutto il tempo e sono stato talmente male che alla fine stavo meglio. Da quel momento sono cambiato, mi sono scoperto fragile, complesso, sensibile. Anche prima avrei avuto bisogno di uno psicologo ma tanto sapevo che mi avrebbe consigliato di abbandonare il mio mondo, invece sul set con le ragazze stavo bene”.
Però a un certo punto lasciò tutto.
“Vent’anni fa, ne avevo quaranta. I bambini erano piccoli e Leonardo mi chiese se facevo sesso solo con mamma. L’idea di mentirgli era insopportabile e così mollai il lavoro. Ma dal giorno dopo mi accorsi di essere dipendente dal sesso, problema gigantesco che riuscii a risolvere solo grazie a mia moglie”.
Come si fa a rimanere insieme per tanti anni?
“Devi avere la fortuna di trovare una donna incredibile e tostissima, che non solo abbia la forza di capirti ma pure di aiutarti, di andare oltre i pregiudizi, di riempirti d’amore. In una situazione paragonabile alla dipendenza da droghe, gioco, alcol. Perché tu saluti ed esci per farti del male, per trovare qualcosa che va in direzione opposta al desiderio. Ha presente il film “Shame”?”
Quello con Fassbender.
“Esattamente. Quando lo vidi ero disperato, uscii dal cinema piangendo. Sullo schermo avevo visto quello che stavo vivendo. Tanto che inizialmente volevo lui a interpretarmi nella serie tv. Era la prima idea. Poi con Alessandro Borghi è andata benissimo”.
Sua moglie sarà sul palco con lei?
“Sì, alla fine, è la ciliegina sulla torta. Continuava a ripetermi se era il caso di raccontare certe cose. Allora le ho detto di partecipare e di raccontarmi al pubblico come le pareva, senza problemi. Si è messa a scrivere e adesso è la parte migliore dello spettacolo”.
Oggi come se la cava con la dipendenza?
“È passato tutto. Dopo quattro anni ho ricominciato con il lavoro, se no era impossibile. C’è stata una ricaduta intorno ai cinquanta ma ora va bene e ho smesso con i set da alcuni anni”.
Prima volta in scena?
“A Parigi per “Belle d’amour”, un trionfo di tacchi a spillo e calze autoreggenti. Stavo impazzendo, era tutto troppo forte. Durai tre secondi. La mia fortuna sono state le dimensioni, se no mica mi avrebbero richiamato. Erano gli anni in cui i set potevano diventare lentissimi, perché c’era spesso un attore in difficoltà. Oggi invece vedo di continuo dei ragazzi che si interrompono per trovare eccitazione online, come se le attrici vere davanti a loro non bastassero”.
Inquietante.
“È il contesto attuale. Oltre il 90% degli attori non è naturale, si fanno le punturine o addirittura s’installano l’impianto idraulico, lo spiego bene nello spettacolo. Si è persa la vocazione. Mentre prima vivevi queste maratone, in cui aspettavi per ore il tuo turno, a volte scalando al giorno dopo. Non sapevi mai quando tornavi a casa. Ma sono stati anni molto belli. Soprattutto i ’90. C’era libertà, provocazione, attenzione da parte dei media. Gli Oscar del settore si facevano in mezza Europa”.
Parliamo un po’ di numeri.
“Si fa presto: circa duemila film, ogni volta tre-quattro scene, senza contare le situazioni di gruppo. Ma non è importante. Mi stupisce invece quanto poco mi ricordi delle cose fatte o delle persone incontrate. Come fossero giorni scomparsi. Con Borghi spulciavamo i film, lui mi domandava delle attrici e io non sapevo cosa dirgli. Ricordo meglio i primi tempi: Karin Schubert, Marina Lotar, Cicciolina, Moana. Mentre dal punto di vista umano, è stata più forte l’esperienza come regista che come attore”.
Un nome su tutte?
“La donna in questo momento davanti a me”.
Alla fine è un galante, Siffredi. Ci dia allora un consiglio di coppia.
“Se c’è ancora amore, darsi delle opportunità e non cadere nelle tentazioni, perché cambiare non è sempre un miglioramento. Ci vuole insomma tolleranza. Resistere e sorprendere”.
Slogan che va bene anche sotto le lenzuola.
“Effettivamente…”.
Se non avesse scelto il porno?
“Lavorerei nei ristoranti. Oppure avrei rincorso il sogno di volare, di staccarmi da terra. Oggi ho il brevetto. È tutto legato, sempre e solo una questione di libertà”.