ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Enrico Ruggeri: il palco di Milano mi emoziona più di Sanremo

Al Nazionale per scomporre e ricomporre il mosaico di una carriera costruita sullo studio degli altri e di quelle passioni che muovono i meccanismi del mondo

Il cantautore Enrico Ruggeri protagonista alle 21 dello show incentrato sul nuovo Cd “Un viaggio incredibile”

Milano, 8 novembre 2016 - Dice di non amare il prossimo come se stesso, ma di esserne interessato. Ed è questa curiosità a tessere il filo dello spettacolo con cui Enrico Ruggeri torna questa sera al Nazionale per scomporre e ricomporre il mosaico di una carriera costruita sullo studio degli altri e di quelle passioni che muovono i meccanismi del mondo. A fare da bussola a questa voglia di scoperta è l’ultimo album “Un viaggio incredibile”, doppio cd con quindici rivisitazioni del suo repertorio ‘86-‘91, il migliore, un omaggio al mito Bowie, e nove inediti fra cui quella “Il primo amore non si scorda mai” che gli è valso il quarto posto all’ultimo Sanremo. C’è pure “‘A canzuncella” degli Alunni del Sole, riveduta e corretta sempre nell’ottica della partecipazione al Festival per inserirla nella serata riservata alle cover.

«Il Festival è sempre un’avventura, ma trovo molto più emozionante trovarmi dietro le quinte del Nazionale e sentire il respiro della gente lì, in silenzio, ad aspettare che si apra il sipario», ammette. «A Sanremo, infatti, l’impatto finisce col diventare più tecnico che emozionale; c’è la consapevolezza che vai a cantare una canzone e che in 4 minuti ti vedono milioni di persone, con la conseguenza che per tre mesi il tuo lavoro dipenderà pure dal gradimento di quei 4 minuti. Sanremo è un meraviglioso e utilissimo programma televisivo, ma rimane un mezzo, non un fine; lì in dieci giorni succedono cose che normalmente accadono in tre-quattro mesi di promozione. Così, quando hai tanti progetti che si affollano, il Festival diventa una scorciatoia fantastica». E di strade Ruggeri ne ha prese parecchie in questi ultimi vent’anni, passando dai palcoscenici della musica agli studi televisivi, dai libri ai jingle dell’Amaro Averna. «Ma sono e rimango innanzitutto un musicista, anche se fare la tv mi ha reso popolare attirando verso le mie canzoni persone che prima magari non mi conoscevano. D’altronde è stato così pure quando nell’87 vinsi Sanremo assieme a Tozzi e a Morandi; c’era gente che veniva ai miei spettacoli per vedere ‘l’amico di Gianni’, ma da allora non mi ha più abbandonato».

Lo show è ricco di classici, con i quali però Ruggeri ha un rapporto pacificato. «Il segreto sta forse nel fatto che non mi esalto più di tanto nei momenti di successo e non mi deprimo più di tanto in quelli d’insuccesso» spiega. «In vita mia m’è bastato pubblicare due dischi per capire che non sarei mai scomparso e che non avrei mai riempito San Siro. Questo consapevolezza mi ha permesso di avere una carriera lineare, senza le pressioni dell’industria del disco, visto che coi miei album non la rovino ma non gli salvo nemmeno il fatturato».