ENRICO CAMANZI
Cultura e Spettacoli

Seun Kuti: “La musica è un’arma nelle mani delle persone che vogliono cambiare le cose”

Il musicista nigeriano, figlio dell’inventore dell’afrobeat, il 29 ottobre porta a Milano i brani del suo nuovo album “Heavier yet (Lays the crownless head)”, a cui ha collaborato anche Lenny Kravitz: “Lavorare con un maestro come lui è stata una grande opportunità di imparare”

Seun Kuti (foto Kola Oshalusi)

Seun Kuti (foto Kola Oshalusi)

Milano, 24 ottobre 2024 – Figlio d’arte, band leader, attivista. Seun Kuti, simbolo contemporaneo dell’afrobeat, il blend di soul, funk, jazz e musica tradizionale africana (in particolare nigeriana e ghanese) inventato dal padre Fela, è pronto a portare il suo uragano di suoni e parole all’Alcatraz.

Martedì 29 ottobre, nell’ambito della rassega Jazz Mi, il cantante e sassofonista sarà sul palcoscenico di via Valtellina insieme all’ensemble che lo accompagna, gli Egypt ‘80. In scaletta, oltre ai suoi principali successi, saranno presenti anche i brani di “Heavier Yet (Lays The Crownless Head)”, il nuovo album uscito per l’etichetta milanese Record Kicks, punto di riferimento per tutti gli appassionati italiani dell’universo black music.

Prima di tutto, chi “posa la testa senza corona”?

"La gente comune. Siamo noi le persone ‘senza corona’, non i re – come è ovvio – o le élite che sono abituati a indossare la corona”.

Qual è il filo rosso del suo nuovo album?

"Penso che il tema comune ai brani che compongono il nuovo disco possa essere riassunto in due parole: solidarietà e liberazione”.

Ci sono differenze rispetto ai suoi lavori precedenti?

"Non so. Personalmente non penso che si possano fare paragoni nel mondo dell’arte. Penso che si debba cercare di apprezzare ogni opera semplicemente per quello che è. Quindi non so dire se ci siano differenze e quali siano, ma posso dire che in ogni mio progetto cerco di rappresentare me stesso con onestà”.

Il produttore esecutivo del nuovo disco è Lenny Kravitz. Può dirci qualcosa di come è sttato lavorare con una star come lui?

"Lavorare con Lenny è stato uno modo per apprendere qualcosa di nuovo. Più che la sua natura di star, mi ha interessato l’opportunità di condividere gli stessi spazi di lavoro con un maestro. Questo è stato importante per me: imparare da un maestro, non collaborare con un divo”.

Crede che a volte sia pesante essere il figlio e l’erede di una leggenda come Fela Kuti?

"Penso che le responsabilità che le altre persone mi attribuiscono, in merito al rapporto con mio padre, siano più grandi di quelle che io sento di avere. Essere il figlio di Fela Kuti per me è sempre stata una cosa ‘naturale’. Ho suonato con lui sin da bambino, ho viaggiato con lui. Per me è stato un amico, non solo un padre. Tutto quello che ho vissuto con lui è stato parte del processo naturale della mia vita. In molti, poi, sostengono che ho ereditato la sua band. Anche questo è solo parzialmente vero. Io ero già parte della sua band”.

Ha condiviso ricordi dei vostri padri con Damian Marley (il più giovane dei figli di Bob, ospite nel brano ‘Dey’)?

"No. Abbiamo parlato del reggae, dell’afrobeat e dei punti in comune fra questi due generi. Gli ho anche rivelato che il suo album ‘Welcome to Jamrock’ è uno dei miei preferiti”.

La copertina dell'album uscito per la milanese Record Kicks
La copertina dell'album uscito per la milanese Recordkicks

Essere padre ha cambiato il suo approccio a vita e musica?

"Essere padre ha davvero cambiato la mia percezione della vita. Credo che mi abbia reso allo stesso tempo meno e più egoista”. 

Che evoluzione vede nel futuro dell’afrobeat?

"L’afrobeat è in costante evoluzione, perché non è più un genere che proviene solo dalla Nigeria o dall’Africa. È una musica reinterpretata e rinnovata dagli africani che oggi vivono in tutto il mondo e hanno mescolato le loto culture con quelle delle nazioni in cui vivono. E il risultato è che ora non è un genere suonato solo da persone di origine africana. Non so cosa succederà nel futuro, ma sono molto curioso di scoprirlo”.

Cosa sceglierebbe fra amore e rivoluzione?

"Credo che l’amore sia rivoluzionario. Non si può scegliere. Se sei un rivoluzionario, sei innamorato. Se sei veramente innamorato, sei rivoluzionario”.

In un mondo pieno di ingiustizie, arroganza e guerra pensa che la musica abbia ancora il potere di cambiare le cose?

"La musica ha il potere di ispirare le persone che vogliono cambiare le cose. Come disse mio padre: ‘La musica è un’arma’. La musica non è un campo di battaglia, ma dove ci sono battaglie da combattere, devono essere impegnate persone che utilizzino la musica come un’arma”.