ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Sorrenti e Finardi, due voci nello spazio: “Noi, extraterrestri e figli delle stelle”

Alan e Eugenio sono gli “ambasciatori celesti” dell’innovativo progetto Star Bottle che debutta stasera. Nello spazio le loro due canzoni più conosciute e amate attraverso le antenne della Conca del Fucino

QALAN

Il debutto del progetto Star Bottle

Eugenio sulla Via Lattea. Alla ricerca da quarantasei anni di una stella che sia tutta sua, Finardi trova oggi posto nel cosmo con la trasmissione della sua “Extraterrestre” verso altri mondi. Lui e il “figlio delle stelle” Alan Sorrenti sono, infatti, gli “ambasciatori celesti” del progetto Star Bottle che debutta stasera alle 20:30 con l’invio nello spazio delle loro due canzoni attraverso le antenne della Conca del Fucino, in Abruzzo. Star Bottle è infatti la prima iniziativa di comunicazione spaziale accessibile a tutti con messaggi lanciati nel grande blu in cui la classica bottiglia è sostituita da un impulso radio e le onde del mare da quelle elettromagnetiche.

“La trovo un’idea bellissima che esce un po’ da quegli schemi da quelle scatole in cui siamo costretti a vivere ormai da un po’” racconta Sorrenti. “Anche il fatto di pensare che questi messaggi possano essere recepiti da qualche essere, mi auguro superiore, è stupendo. Certo, un po’ bisogna crederci. Ma qui c’è anche la scienza, grazie a Telespazio che ci ha messo a disposizione una delle sue antenne per lanciare questi messaggi in codice binario nell’immensità. Un segnale di ottimismo da lassù perché si superino le divisioni di quaggiù”.

“Spaziale” più lei o Finardi?

“Forse ai tempi di ‘Extraterrestre’ pure Finardi era un po’ extraterrestre, mentre io ero più cosmico nel senso spirituale del termine. Del resto, oggi sono buddista. E poi di cosmico c’era la mia prima musica, quella di album come ‘Aria’ o ‘Come un vecchio incensiere all’alba in un villaggio deserto’; concettualmente, infatti, considero ‘Figli delle stelle’ non una ripartenza, ma piuttosto il punto d’arrivo del percorso iniziato con quei dischi. Diciamo, una ‘sintesi popolare’ di tutto quel che avevo scritto fino ad allora”.

Cose di tanto tempo fa.

“La cosmicità era nell’aria e noi la respiravamo. Germogli calpestati e distrutti dal consumismo che a mio avviso stanno rinascendo in altre forme e mi sembra di ritrovare in tanti ragazzi di oggi”.

Figlio delle stelle pure loro. Come quelli che si scatenavano in pista ascoltando il celeberrimo riff con cui il produttore-chitarrista californiano Jay Graydon introduceva la canzone.

“Quel riff nacque da un mio vocalizzo, che al tempo ero su un’onda piuttosto ‘brasilera’ e quindi particolarmente influenzato da certi mondi. Quando Graydon aveva le idee chiare, era velocissimo. Tant’è che sintetizzò lo spunto in un pomeriggio. Quando era soddisfatto del lavoro fatto se ne usciva con la frase ‘I’m a giant!’. Sono un gigante. Quella volta lo fu per davvero”.

Il riff di “Figli delle stelle” affiora pure dall’ultimo singolo de Bnkr44 “Estate 80”.

“Prima di dare l’ok, ho ascoltato il pezzo con attenzione e sono rimasto impressionato innanzitutto dal testo, poi dalle facce dei sei e infine dall’uso che hanno fatto del sample originario nel pezzo. Usandolo come un richiamo. E, se si vuole, un ricamo. Mi ha colpito un po’ meno il modo di cantare, perché lo trovo abbastanza ordinario. Apprezzo, comunque, il loro ‘disordine’ e non sarebbe male fare assieme qualcosa di creativo su una nuova canzone”.

Giusto cinquant’anni fa la sua reinvenzione di un classico partenopeo come “Dicitencello vuje” chiuse nella sua vita la fase prog creando i presupposti per la svolta soul-funk nel ’76 dell’album “Sienteme, it’s time to land”.

“Già, ma ora vorrei riunire i due mondi in un album live da registrare sul palco del piccolo Auditorium Novecento di Napoli davanti ad un pubblico selezionatissimo con ben sette giorni di registrazioni. Iniziativa che avrei in mente di accompagnare con un documentario (ho finito il soggetto proprio ieri) e un libro”.