ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Steve Hackett e il mito dei Genesis: “Una reunion? Non è impossibile”

Il chitarrista: “Torno a suonare The Lamb, disco rivoluzionario. John Lennon ci considerava figli dei Beatles”

Steve Hackett, 74 anni, storico chitarrista dei Genesis, lunedì al Teatro dal Verme

Steve Hackett, 74 anni, storico chitarrista dei Genesis, lunedì al Teatro dal Verme

“Uno spezzatino” lo definiva, con humour, Phil Collins. Effettivamente, il medley attinto da “The lamb lies down on Broadway” era uno dei momenti decisivi degli spettacoli dei Genesis anni Ottanta-Novanta, eco di una stagione lontana rimasta aggrappata all’immaginario dei fans quale ultimo graffio del Gabriel prima maniera. E uno “spezzatino” per palati fini è pure quello che un altro grande protagonista di quella stagione come Stevie Hackett propone in concerto al Lirico Giorgio Gaber lunedì prossimo col suo “Genesis Greats, Lamb Highlights & Solo”, show antologico che lo riporta in città nel segno di Rael, di John, di Lilith, degli Slippermen e di tutti gli altri personaggi più o meno grotteschi che affiorano dai solchi di uno tra i concept album più celebrati e visionari dei tanto celebrati (e visionari) anni 70. In concerto il viaggio tra i solchi di “The Lamb” dura 9 brani, integrato da quattro momenti emblematici di “Selling England by the pound”, dalla irrinunciabile “Los Endos” di “A trick of the tail” e, nella prima parte, da una decina di frammenti solisti del chitarrista londinese, 74 anni, che oggi definisce l’ipotesi di una reunion con gli ex compagni “non impossibile, ma estremamente improbabile”.

Con che animo s’è avvicinato alla rivisitazione di “The Lamb”?

“Tanto in termini di scrittura che per le tecniche di produzione continuo a considerarlo un album rivoluzionario. Un progetto capace di mostrare fino a che punto può spingersi la musica se a guidata da una narrazione forte. Ricordo che dal vivo ‘The Lamb’ diventava la colonna sonora di un film, di una pellicola srotolata sul palco una canzone dopo l’altra”.

Come si affronta oggi quel repertorio?

“A me interessa offrire versioni autentiche di quelle canzoni evitando di rimanerne schiavo. Questo perché hanno una loro vita, che le spinge ad evolversi col tempo. Nell’eseguirle oggi riesco a fare con la chitarra cose che cinquant’anni fa potevo solo sognarmi”.

Le tensioni tra i Genesis ai tempi di “The Lamb” quanto ne influenzarono il processo creativo?

“Tutto sommato penso abbiano avuto un ruolo nello spingerci verso le grandi vette musicali raggiunte nel disco, perché nel confronto interno ognuno di noi provava ad imporsi dando il meglio di sé”.

Pure Lennon spese parole di grande apprezzamento per i Genesis.

“Purtroppo, il destino m’ha negato la possibilità di incontrarlo. Penso, tuttavia, che i Genesis come i Beatles abbiano prodotto musica radicale e rivoluzionaria. E questo con tutta probabilità è il motivo per cui Lennon apprezzava i Genesis… li considerava in qualche modo figli dei Fab Four”.

Per i musicisti che l’accompagnano non dev’essere facile caricarsi sulle spalle l’eredità della sua ex band.

“Questa è la formazione più esplosiva con cui abbia mai suonato, capace di onorare il passato con la stessa efficacia con cui si cala nel presente. Roger King alle tastiere, Jonas Reingold al basso, Rob Townsend ai fiati e Craig Blundell alla batteria (affiancati in questo tour dalla cantante-chitarrista Amanda Lehmann, ndr) sanno il fatto loro e la gente ai concerti se ne rende conto”.

Trattandosi, però, di uno dei dischi più caratterizzati dalla presenza di Peter Gabriel, la voce in “The lamb lies down on Broadway” conta molto.

“Grazie all’estensione vocale che si ritrova, penso di aver trovato in Nad Sylvan un interprete perfetto per le canzoni dei Genesis. Comunque, pure Phil Collins aveva una voce degna di quella di Peter”.

Perché, nonostante si tratti di uno spettacolo celebrativo, ha voluto restringere il perimetro di “The Lamb”?

“Per poter rendere omaggio anche ad altre straordinarie musiche dei Genesis e alla mia produzione solista. Ho puntato solo su quelle che, col tempo, mi sono reso conto essere le melodie più forti di ‘The Lamb’”.