
Steve Hackett
Brescia – “Quando suoniamo in Italia ci sentiamo italiani". Parola di ex Genesis. Otto mesi dopo il successo al Lirico di Milano, Steve Hackett porta stasera, giovedì 6 luglio, il suo “Genesis Revisited – Foxtrot at Fifty + Hackett Highlights” all’Arena Campo Marte di Brescia accompagnato dalle tastiere di Roger King, dalla ritmica di Craig Blundell, dai fiati di Rob Townsend e dal basso di Jonas Reingold. Al microfono Nad Sylvan.
Steve, ricorda i tour del ’72-’73?
"L’Italia fu il primo paese fuori dal Regno Unito a credere in noi. Ricordo una cover italiana dei primi Genesis, quelli di ‘Trespass’. Si trattava di ‘White Mountain’, scritto da Anthony Phillips nel ’70, l’anno prima che mi unissi alla band, rielaborato da Claudio Rocchi per la splendida voce di Ornella Vanoni".
Il pezzo s’intitolava “Un gioco senza età” e stava nell’album omonimo del 1972.
"Era una reinterpretazione molto bella che, forse, rendeva la canzone anche un po’ più accettabile dal punto di vista commerciale. Sì, penso che Ornella Vanoni abbia contribuito a spianarci la strada".
Poi arrivarono i concerti.
"Grazie al promoter Maurizio Salvadori a primavera del 1972 sbarcammo in Italia col tour di ‘Nursery Crime’ stupiti dell’accoglienza che trovavamo ovunque andassimo. Debuttammo ad Adria, vicino Rovigo, ma le immagini più nitide che ho in mente sono quelle del concerto al palasport di Reggio Emilia, dove saremmo tornati pure nei due anni successivi sempre immersi nei ricordi di quella prima sera".
Anche se non hanno avuto il successo commerciale di altri venuti dopo, il rapporto del pubblico italiano coi Genesis rimane ancorato ai primi 6-7 album.
"Penso che quei dischi fossero così pieni di storie da assomigliare a mini opere e quindi in qualche modo vicini alla grande tradizione del melodramma italiano; questo, unito ad un altro elemento di classicità quale il romanticismo dei miti greci che entra in alcune delle canzoni come ‘The fountain of Salmacis’. Probabilmente è stato quel legame greco-romano il valore aggiunto delle nostre canzoni qui da voi. Penso che i Genesis siano stati molto bravi a lavorare all’interno di qualcosa che fosse un ibrido tra la forma classica e il rock".
L’anno prossimo cadono i cinquant’anni di “The lamb lies down on Broadway”.
"Penso che il modo migliore di rendere omaggio alla mia ex band sia quello di continuare a far vivere la sua musica. Ma nella vita non posso fare solo l’archeologo, così continuo a produrre nuovo materiale. Il successore di ‘Surrender of silence’, mio ultimo album, è quasi pronto, ma gli impegni di tournée ne hanno rallentato molto i tempi di registrazione".