Milano – Realizzare un film con il minimo indispensabile in una sola settimana: questa l’idea di un gruppo di giovani cinefili che, con tanta ambizione e poche ore di sonno, ha girato in sette giorni ‘Tre euro e quaranta’, una commedia ambientata tra i vorticosi grattacieli di Milano.
La pellicola denuncia con amara ironia il futuro incerto che perseguita le nuove generazioni, spesso costrette a dover ridimensionare la portata dei loro sogni per riuscire ad arrivare a fine mese. A capitanare questo folle tour de force artistico è Antonino Giannotta, 29 anni di Oppido Mamertina adottato da Milano nel 2020, grande appassionato di cinema e divulgatore da oltre 69mila follower. A fine marzo il gruppo ha iniziato la fatidica settimana di riprese e venerdì 19 luglio la pellicola ha finalmente trovato ospitalità tra le pareti scarlatte dello storico Beltrade. Un traguardo lastricato di sacrifici per Giannotta che, pur di poter lavorare al suo ‘Tre euro e quaranta’, ha scelto di licenziarsi perché "se riesci a toccare il tuo sogno non puoi più tornare indietro".
Giannotta, perché ha deciso di girare ’Tre euro e quaranta’?
"Questa pazza idea nasce da un mio video condiviso su Instagram in cui, quasi scherzando, proponevo di realizzare questo film. In breve tempo il post è diventato virale trasformandosi in una vera e propria chiamata alle armi: ho ricevuto quasi un migliaio di mail. E leggendo tutti quei messaggi ho colto l’importanza di raccontare le difficoltà che noi giovani affrontiamo ogni giorno, scontrandoci con un presente che ci mette costantemente alla prova".
Perché ha scelto di realizzare il film in soli sette giorni?
"Abbiamo girato questo film in poco tempo per sfruttare i giorni di ferie durante le vacanze pasquali. Vivere di cinema sarebbe fantastico, ma sfortunatamente non è per tutti. Io e la mia troupe avevamo altre occupazioni e non potevamo mettere in pausa le nostre vite per più di una settimana. Abbiamo fatto di necessità virtù".
Lei però ha deciso di licenziarsi, giusto?
"Prima di ‘Tre euro e quaranta’ lavoravo per un noto rivenditore di articoli sportivi, ma mi sono licenziato per dedicarmi al film. Quando provi l’ebrezza di fare il lavoro che ami è difficile tornare indietro, chiudere i sogni in una scatola. Ho fatto questo salto nel vuoto per amore del cinema".
Parliamo di budget: il film è costato tre euro e quaranta?
"Sfortunatamente no. La spesa ufficiale si aggira però intorno ai 1.200 euro. Con “Tre euro e quaranta” abbiamo provato a lanciare un messaggio: il cinema è di tutti, non può essere un settore elitario accessibile solo a chi può permetterselo. Viviamo in un’era colma di paradossi: abbiamo tutti macchine fotografiche e cellulari eppure girare un film sta diventando sempre più difficile".
Il film ha fatto il suo esordio al cinema Beltrade nonostante questa sia l’era delle piattaforme digitali. Quale sarà il futuro di questa opera?
"Ho un po’ di follower e se mettessi il film in streaming otterrebbe risultati discreti, ma non è ciò che voglio. Mi piacerebbe promuoverlo in giro per i cinema di tutta Italia, magari facendo un tour a bordo di un van. Per me l’esperienza in sala è imprescindibile e va tutelata sempre e comunque: il mio amore per questo luogo vince su tutto, anche sui miei guadagni".