STEFANIA CONSENTI
Cultura e Spettacoli

Ugo Mulas, il fotografo totale. A Milano la mostra a 50 anni dalla morte

A Palazzo Reale 300 opere (di cui 80 inedite), documenti e filmati. Dai ritratti di grandi artisti al viaggio dentro Milano. “Rilettura complessiva e chirurgica del suo lavoro”

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Alcune opere di Mulas in mostra

Milano – Ha attraversato tutti i “generi” della fotografia, dal reportage alla moda, il nudo, il ritratto, con la volontà ferrea di sperimentare di annullarli, quasi. Per imparare a “guardare con gli occhi degli altri”. Ogni momento, per cristallizzare la realtà, “è quello buono” tanto la differenza la fanno gli incontri, le idee. E che incontri hanno popolato la sua vita! Insomma per accostarsi a Ugo Mulas, l’avvertenza, necessaria, suggerisce Denis Curti, direttore de Le stanze della Fotografia a Venezia, “è indossare occhiali completamente nuovi”. “È un fotografo totale”, non solo dell’arte e degli artisti. Milano lo omaggia con una mostra (sino al 2 febbraio “Ugo Mulas. L’operazione fotografica“, a Palazzo Reale) realizzata grazie all’archivio Mulas, diretto da Alberto Salvadori, “prezioso scrigno” che ne custodisce la memoria e ha dato origine a questa “operazione chirurgica”, una rilettura complessiva dell’opera del grande grande fotografo a 50 anni dalla sua morte.

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Oriana Fallaci (1964)

Fotografia come “atto politico”, eredità per le nuove generazioni. Trecento immagini, di cui 80 inedite, preziosi scatti vintage, documenti, libri e filmati, ripercorrono l’intera produzione di Mulas. Dal teatro (fu grande amico di Strehler e Grassi) alla moda, dai ritratti di artisti internazionali, protagonisti della Pop Art americana (che scopre alla Biennale di Venezia del 1964 per poi volare a New York, senza parlare una sola parola d’inglese), a quelli di intellettuali, architetti e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, Dino Buzzati e Giorgio de Chirico, Marcel Duchamp, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Arthur Miller, Eugenio Montale e Louise Nevelson, Salvatore Quasimodo e Andy Warhol.

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Milano sotto la neve (1953-1954)

E poi c’è l’amata Milano: “Ho pensato a un lavoro che ho da tempo in animo di fare: un lavoro sulla città dove vivo... La mia idea non è quella di un libro, ma di un archivio fotografico della città di Milano”. “Non sappiamo come lo avrebbe terminato – racconta Salvadori – poichè è venuto a mancare prematuramente. Ma questa mostra presenta un focus che forse non gli sarebbe dispiaciuto. Era la città che l’aveva accolto. L’archivio per Milano era per lui un generarsi continuo di immagini che voleva mettere a disposizione di tutti, un progetto collettivo nel mondo della fotografia, per ricordare anche gli ultimi, quelli di Miracolo a Milano”.

Milano nel Dopoguerra, la sua periferia, il dormitorio di viale Ortles, ma anche il bar Jamaica, luogo di ritrovo di intellettuali che lui comincia a frequentare fra il 1951 e il 1952. È qui che conosce Mario Dondero, fotoreporter di fama internazionale che “gli presta perfino la sua macchina fotografica e gli dà pure dei consigli, “tanto le foto si fanno con la testa...“” svela ancora Curti. La mostra, nella versione milanese (perché è stata presentata a Venezia) è densa. Diciotto anni di intenso lavoro “e sembra di visitare una mostra di più fotografi”. Da qui l’idea anche di una versione diffusa, “Ugo Mulas in città“: dalla Pinacoteca di Brera al Poldi Pezzoli e al Museo del 900, ospiteranno alcune sue opere. Infine, per la prima volta, unitamente alle Verifiche (14 opere frutto di una rigorosa riflessione concettuale sulla storia della fotografia) i visitatori troveranno anche gli studi che le precedono, quasi un “testamento” per capire i codici della sua ricerca.