ANDREA GIANNI
Economia

Mensa addio anche negli aeroporti di Malpensa e Linate: ci sono i buoni pasto

Per i dipendenti solo spazi riservati nei ristoranti degli scali. L’Usb: no alla chiusura e ai tagli

Una manifestazione dei sindacati per i diritti sul lavoro

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Milano - L’ultimo caso è quello di Sea, gestore degli aeroporti di Malpensa e Linate, che ha presentato un progetto per "chiudere definitivamente le mense interaziendali" negli scali "entro e non oltre novembre 2022". Un piano che apre un punto interrogativo sul futuro delle lavoratrici che si occupano del servizio, affidato al gruppo della ristorazione collettiva Fabbro Spa. "Da un lato Sea ha dichiarato che sarà erogato un ticket restaurant da 8 euro – spiega il sindacato Usb, che contesta l’operazione – per ogni giornata di lavoro indipendentemente dal fatto che il dipendente faccia la pausa o il continuato. Dall’altro ha concluso una convenzione con My Chef e Chef Express a Malpensa e Autogrill e My Chef a Linate". I ristoranti negli scali riserveranno quindi degli spazi ai dipendenti Sea, che pagheranno con i ticket.

E alle lavoratrici delle mense, quasi tutte sopra i cinquant’anni, secondo il sindacato Usb "non vengono date risposte se non aleatorie e verbali sul fatto che un posticino di lavoro gli sarà trovato in aeroporto attraverso My Chef e Autogrill". Un caso che non è isolato. Si moltiplicano, infatti, le aziende che nell’ottica di un risparmio dei costi e di una rioraganizzazione dei servizi hanno cancellato con un colpo di spugna le mense, relegandole a un retaggio del passato. Mense che, dopo la lunga chiusura obbligata dalla pandemia e dall’uso massiccio del lavoro a distanza, in molti casi non hanno più riaperto i battenti. Sostituite con buoni pasto che però, viste le commissioni, diversi ristoranti hanno smesso di accettare. Lo scorso 15 giugno le associazioni di categoria avevano anche organizzato una giornata di sospensione, rifiutandosi di accettare i ticket, per protestare contro "le commissioni più alte d’Europa".

A contribuire al boom dei ticket sono anche i vantaggi fiscali per le ditte: nel 2020 la soglia di deducibilità dei buoni pasto digitali è passata da 7 a 8 euro (anche se quella dei buoni cartacei è stata abbassata da 5,29 a 4 euro): un cambiamento che, secondo uno studio di Sda Bocconi School of Management, ha avuto un impatto notevole. La politica di esenzione che ha reso i buoni pasto fiscalmente vantaggiosi per le aziende, secondo il report, stimolerà un settore che in Italia vale circa 3 miliardi di euro e che può contare su 2,4 milioni di utenti (un milione e mezzo nel settore privato, e 900mila persone nel pubblico) che spendono i loro ticket in 150mila esercizi convenzionati.

Le mense diventano così sempre meno vantaggiose, anche perché una quota dei lavoratori resta in smart working, e gli addetti alla ristorazione collettiva pagano il prezzo più alto. Sono cinquemila le lavoratrici, solo nel Milanese, coinvolte nella crisi del settore, sfociata anche in manifestazioni di protesta. Sono state le prime a finire in cassa integrazione quando è scoppiata la pandemia, e molte non sono più uscite dal tunnel. E quando le mense restano aperte si ridiscutono gli appalti, con condizioni al ribasso che rischiano di tradursi in tagli di personale e stipendi, già prima della pandemia sotto la soglia dei mille euro al mese.