ANNAMARIA LAZZARI
Economia

Carovita, ecco come l’inflazione ha cambiato il modo di mangiare dei milanesi

Viaggio tra gli ambulanti che osservano il mutamento dei consumi di chi cerca di resistere agli aumenti. "Meno formatti e salumi, più legami. E gli anziani si tagliano le quantità"

Un mercato rionale di Milano (Ansa/Andrea Fasani)

La spending review dei milanesi costretti a fare i conti con l’inflazione ha generato un calo dei consumi di salumi e formaggi, finiti pure nel mirino dei salutisti. Invece è in grande ascesa l’acquisto di legumi che hanno le caratteristiche vincenti: vanno incontro alla "protein mania" ma sono venduti ad un prezzo decisamente più contenuto rispetto a carne, pesce e snack proteici. Frutta e verdura, che svolgono un ruolo da protagoniste nella dieta mediterranea, hanno quotazioni low cost solo tra gli ambulanti che puntano sui volumi di vendita piuttosto che sui margini.

Ecco la fotografia che scatta una chiacchierata con gli ambulanti delle bancarelle di via Moretto da Brescia, in zona Città Studi. "Negli ultimi anni c’è stata una diminuzione degli acquisti di prosciutti e formaggi. Le cause sono diverse. L’impatto dell’inflazione è ovviamente molto sentito in periferia, come a Lambrate e in Barona. Qui la clientela più anziana per risparmiare ha ridotto anche le quantità di cibo: acquista un etto di prosciutto invece dei 3 etti del passato. In generale però questi alimenti scontano anche gli effetti di una generale campagna di demonizzazione che li accusa di essere ricchi solo di grassi e calorie.

Un classico fra le richieste dei consumatori è diventata la ricotta, spacciata come formaggio “magro“ pure da alcuni dietologi, quando invece, nascendo dalla lavorazione solo ed esclusivamente del siero di latte, è solo un latticino. Si è persa la consapevolezza del valore di un prodotto. Secondo me il vero furto non è il parmigiano reggiano stagionato per 36 mesi, vale a dire tre anni, e venduto a 20 euro al chilo ma il prezzo della mozzarella di bufala, che è un formaggio fresco realizzato in pochi giorni, a 14 euro: eppure si vende molto di più quella" spiega il formaggiaio Manuel Fasoli.

Di contro ha preso a volare il consumo di legumi, invertendo il calo iniziato negli anni Settanta. "La riscoperta di ceci, lenticchie e via dicendo era iniziata già durante il Covid quando abbiamo ripreso a cucinare in casa. L’aumento generale dei prezzi dopo la guerra in Ucraina ha dato una maggior spinta. Non è difficile capirne la ragione: tanti nutrienti e proteine racchiusi in un solo prodotto a piccolo prezzo, a partire da tre euro al chilo, che va incontro a tutte le tasche. Negli ultimi due anni c’è stato invece un incremento deciso del prezzo delle olive sfuse, a causa della scarsa campagna olearia all’estero, soprattutto dalla Spagna, che ha generato anche l’aumento dell’olio" afferma l’ambulante Leandro Castelli.

Contro la stangata sull’ortofrutta, generata anche dal maltempo degli scorsi mesi, c’è chi preferisce puntare sull’incremento dei volumi. Come fa il fruttivendolo Abramo Akbil, che è di origini marocchine: "Vendiamo frutta e verdura a prezzi inferiori rispetto alla concorrenza: pesca saturnina a 1,50 euro, meloni a 1 euro, angurie a 50 centesimi al chilo. Come facciamo? Cerchiamo le migliori offerte al mercato ortofrutticolo all’ingrosso. Riduciamo i margini ma in compenso c’è sempre la fila di clienti: un po’ la strategia commerciale che usano i cinesi. Abbiamo anche tanti anziani italiani fra gli acquirenti: a prezzi più alti rinuncerebbero a un’alimentazione sana".