Milano – Oltre la metà dello stipendio di un dipendente pubblico neoassunto, a Milano, viene assorbita dal canone d’affitto. A questo si aggiungono le bollette, la spesa alimentare e le altre voci che si sommano nel corso del mese. Il risultato è una fuga dalla città e dai suoi costi insostenibili per chi ha uno stipendio bloccato da anni. Una fotografia scattata da un’indagine del sindacato Usb Pubblico impiego, che ha messo a confronto l’incidenza dell’affitto sullo stipendio in varia città d’Italia. La Lombardia e Milano, come prevedibile, sono maglia nera. In Lombardia il 46% dello stipendio viene “mangiato“ dall’affitto, con una percentuale che sale al 51,77% considerando solo la città di Milano, dove la spesa media è di 838 euro al mese per affittare un appartamento e 680 euro al mese per una singola stanza.
Scorrendo il “report in itinere”, basato su dati ancora parziali raccolti attraverso un questionario online, al polo opposto si collocano regioni come la Sicilia, il Molise e l’Umbria, dove l’affitto assorbe dal 25 al 28% del salario, garantendo quindi un tenore di vita impensabile per un dipendente pubblico milanese nelle stesse condizioni. Tra le regioni, registrano valori simili alla Lombardia - inferiori solo di pochi punti percentuali - Puglia, Lazio, Campania e Friuli Venezia Giulia. In due regioni ricche e produttive come il Veneto e l’Emilia Romagna, solo il 39% dello stipendio viene assorbito dal costo dell’alloggio.
Tra le altre città prese in esame, nessuna si avvicina ai costi di Milano: a Napoli l’incidenza affitto/stipendio è del 48,1 %, a Bari del 47%. Poi Roma (44,3%), Firenze (42%) e Bologna (41,2%). “Uno dei tanti riscontri oggettivi che certificano l’esistenza di una questione salariale dei lavoratori pubblici sta nell’elevatissimo numero di rinunce al posto fisso da parte di moltissimi neoassunti che hanno sperimentato di non potersi permettere un alloggio nella città di assegnazione con lo stipendio percepito – denuncia il sindacato Usb –. Un fenomeno che non è marginale e che in alcune città, soprattutto nel Centro-Nord Italia, ha prodotto rinunce superiori al 30% tra i vincitori di concorso. Si crea una situazione paradossale per la quale chi lavora per lo Stato non può permettersi un alloggio nel territorio di quello stesso Stato per cui lavora: quando si verifica una situazione di questo tipo – si legge nel report – è un segnale evidente che esiste un problema serissimo che mette in discussione la funzione stessa dello Stato”.
La fuga da Milano, quindi, mette a rischio servizi essenziali come i trasporti, la giustizia o l’istruzione, con enti in affanno per completare gli organici. Una situazione che si avverte anche a Palazzo Marino dove, intanto, è stato ottenuto un passo avanti verso la stabilizzazione dei precari. “Avevo chiesto a nome della Fp Cgil – spiega Giovanni Molisse, segretario della Fp Cgil di Milano – la proroga dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, rinnovati mesi fa con scadenza contratto a fine ottobre, che stanno lavorando nell’area Servizi al cittadino. È stata pubblicata la determina dirigenziale all’albo pretorio comunale che proroga i contratti a fine febbraio 2025. Molti di loro saranno, di conseguenza, assunti a tempo indeterminato attraverso il prossimo scorrimento delle graduatorie – conclude – e non perderanno neanche un giorno di lavoro e di salario”.