
I loghi di Meta e Instagram sono conosciuti in tutto il mondo
Milano, 1 aprile 2025 – Ha deciso di non seguire la strada dell'accertamento con adesione, davanti all'Agenzia delle Entrate, il colosso Meta, fondato da Mark Zuckerberg, a cui è stata contestata un'omessa dichiarazione e un mancato pagamento, tra il 2015 e il 2021, dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro. Scaduto il termine previsto a marzo, dunque, da quanto si è saputo, il gruppo statunitense ha deciso di non saldare i conti col fisco italiano.
Querelle giudiziaria
Nessun risarcimento e, quindi, probabilmente ricorrerà nelle vari sedi tributarie contro le contestazioni. Nel frattempo, dunque, sul fronte penale si profila una richiesta di rinvio a giudizio per i due "director" di Meta Platforms Ireland Limited, già Facebook Ireland Ltd, ossia la costola irlandese a cui materialmente, nelle indagini dei pubblici ministeri di Milano Giovanni Polizzi, Giovanna Cavalleri e Cristian Barilli e del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf milanese, è stata contestata la presunta maxi evasione fiscale.
Il disaccordo
Già lo scorso dicembre, quando erano state chiuse le indagini, Meta aveva dichiarato di essere "fortemente in disaccordo" con l'ipotesi accusatoria e la linea non è cambiata in questi mesi, tanto che sul fronte tributario non c'è stato un tentativo di raggiungere un accordo col Fisco. Ora i pm, da quanto si è saputo, stanno lavorando ad una rimodulazione del capo di imputazione e poi si arriverà ad una richiesta di rinvio a giudizio. Potrebbe essere il primo caso a processo in Italia riguardante il tema del peso finanziario e fiscale dei dati degli utenti sui social, con profili su Facebook e su Instagram.

Le indagini della Procura milanese, lo scorso autunno, avevano fatto emergere "come il Gruppo Meta, per consentire agli utenti l’utilizzo del proprio software e dei correlati servizi digitali, acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto". Guadagni correlati che, in base a valutazioni giuridiche e fiscali, devono essere tassati, secondo i pm, con l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, che Meta, invece, negli anni non ha mai versato.
Considerazioni
Il procuratore Marcello Viola aveva sottolineato come "la natura non gratuita dei servizi offerti – nodo centrale dell’indagine – negli anni passati era già stata affermata dall’autorità garante della Concorrenza e del Mercato, oltre che da autorevole dottrina, e ha trovato riscontro nelle attività ispettive della Guardia di Finanza".