
Andrea Monticini professore di Econometria finanziaria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore
Andrea Monticini, professore di Econometria finanziaria dell’Università Cattolica, il dato arriva dall’Istat: dopo un periodo di stabilità, l’inflazione rialza la testa. È un problema?
«Il problema dell’inflazione rimane, al momento, risolto. Il tasso attuale è abbondantemente sotto il 2%, in linea con gli obiettivi dell’Unione Europea. Non si può parlare di un’emergenza».
E a Milano dove il caro prezzi (e case) continua a svuotare le tasche dei cittadini più che nel resto del Paese?
«Milano, nonostante il recente aumento dell’1,3% su base annua dell’inflazione, che va valutato con cautela perché si tratta di un dato mensile, è al di sotto della media nazionale. Attualmente è al cinquantaduesimo posto nella classifica delle città con maggiore inflazione, mentre ci sono aree in cui l’aumento è stato più marcato, per esempio Siena. I dati più recenti non segnalano particolari criticità a Milano. Naturalmente, per una valutazione più ampia, bisognerebbe analizzare l’andamento su un periodo più lungo, almeno semestrale. Al momento, non ci sono segnali d’allarme».
L’inflazione era stabile da mesi. Perché stavolta è risalita?
«Un certo livello di inflazione è fisiologico in qualsiasi sistema economico. L’importante è che rimanga contenuta, e attualmente è così. Non dobbiamo dimenticare che, prima dell’introduzione dell’euro, un’inflazione dell’1,5% sarebbe stata considerata un’ottima notizia. Non c’è motivo di preoccupazione, né per l’Italia né per Milano».
Ci sono settori particolarmente colpiti da questa ripresa?
«Piuttosto parlerei di un assestamento generale dei prezzi, che è una dinamica naturale del ciclo economico».
Per quanto riguarda gli stipendi: come restituire il potere d’acquisto alle famiglie milanesi?
«Premesso che con questa inflazione non c’è una perdita significativa di potere d’acquisto, è chiaro che il vero nodo riguarda i salari: il tema centrale oggi non è tanto l’aumento dei prezzi, ma l’adeguamento degli stipendi».
E quando ci sarà un recupero sugli stipendi?
«Il recupero del potere d’acquisto avverrà con il rinnovo dei contratti collettivi di lavoro. È un meccanismo fisiologico: man mano che i contratti vengono aggiornati, i redditi da lavoro dipendente tenderanno a recuperare quanto perso a causa dell’inflazione».
Si tratta però di un processo lungo. Non si rischia intanto di allargare la forbice tra salari e costo della vita?
«È normale che il recupero avvenga in tempi dilatati. Non può essere immediato, perché un adeguamento troppo rapido dei salari si tradurrebbe in un’ulteriore spinta inflazionistica, facendo aumentare ancor di più i prezzi. È un equilibrio delicato. In passato l’inflazione ha eroso il potere d’acquisto, nei prossimi anni assisteremo a un progressivo riallineamento. È un processo che va valutato su periodi medio-lunghi, non nel breve termine».
Quindi la soluzione non è un aumento immediato degli stipendi per tutti?
«Non sarebbe sostenibile, però il recupero deve avvenire».
Un altro tema centrale è il costo delle case a Milano. I prezzi continuano a essere molto alti. Cosa possiamo aspettarci per il futuro?
«Il rialzo dei tassi negli ultimi anni ha in parte bloccato le compravendite, ma ora che i tassi stanno scendendo è lecito aspettarsi un nuovo stimolo all’acquisto. Milano è un mercato a sé: segue dinamiche differenti rispetto al resto d’Italia».
In che senso?
«Milano è un’eccezione perché è una città con un’attrattività molto elevata. La domanda resta forte, nonostante il rallentamento delle compravendite. Per il momento mi aspetto un periodo di prezzi stabili, con tempi di vendita più lunghi. Tuttavia, nella seconda metà del 2025, se l’economia europea dovesse mostrare segni di ripresa, potremmo assistere a una crescita dei prezzi nel 2026».