Milano - Giuseppe Di Maggio continua a lavorare come rider per Deliveroo a Milano, in attesa della parola fine di una battaglia giudiziaria infinita. Battaglia iniziata il 18 marzo 2019, quando presentò ricorso al Tribunale del Lavoro di Milano per ottenere di essere inquadrato come lavoratore subordinato. La sentenza di primo grado gli ha dato ragione stabilendo che, sulla base delle condizioni dell’epoca, la sua attività presentava "i connotati propri della subordinazione". E Ieri ha incassato un nuovo punto a favore davanti alla Corte d’Appello di Milano che, valutando il ricorso di Deliveroo, ha stabilito che il rider (in parziale riforma della sentenza di primo grado) deve essere inquadrato con la forma del rapporto di collaborazione organizzata dal committente introdotta all’interno del nostro ordinamento dall’articolo 2 del d.lgs. 81/2015, il Jobs Act.
Il lavoro “parasubordinato“, che si colloca al confine tra autonomia e subordinazione. La Corte d’Appello di Milano, si legge nella sentenza, "dichiara applicabile a tale rapporto la disciplina di un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno di 40 ore settimanali, con inquadramento al sesto livello del Ccnl Commercio e retribuzione lorda di 1407,94 euro per 14 mensilità". Condanna inoltre Deliveroo, che potrà presentare ricorso in Cassazione, a pagare le spese legali. In attesa di una sentenza definitiva, Di Maggio continua a pedalare per le strade di Milano, inquadrato sempre come autonomo.
Esulta, dopo la sentenza di secondo grado, il sindacato Uiltucs, che ha sostenuto la battaglia legale del rider con lo studio legale Paganuzzi. "Si tratta della prima sentenza di secondo grado in assoluto, in Italia – spiega il sindacato – che conferma i diritti da lavoro dipendente per un rider di Deliveroo". Gennaro Strazzullo, segretario nazionale Uiltucs e responsabile del settore Terziario Distribuzione Servizi, e il sindacalista Mario Grasso, sottolineano un concetto: "L’esito positivo dimostra che ai rider del food delivery vanno riconosciuti i diritti e le tutele del lavoro subordinato". Parole alle quali ha replicato Deliveroo con una nota: "Nessuna sentenza di nessun Tribunale italiano riconosce oggi l’inquadramento di lavoratore subordinato ai rider che collaborano con Deliveroo, che sono e restano pertanto lavoratori autonomi. Tra l’altro la decisione è relativa a un vecchio modello utilizzato che non è più in uso da anni".