ANDREA SPINELLI
Milano

Europe in concerto, sold-out all'Alcatraz. Nella storia con "The final countdown"

Trent'anni fa il successo di un brano rock tuttora fra i più eseguiti

7 - Europe all'Alcatraz

Milano, 20 novembre 2016 - Trent'anni dopo, gli Europe sono ancora un gruppo da sold-out. I corsi e ricordi del rock, infatti, non intaccano la scorza dura di quel “The Final Countdown” che riporta stasera la band scandinava sul palco di un Alcatraz imballato come quando Joey Tempest e compagni avevano vent’anni e frequentavano i piani alti delle hit-parade. L’anniversario, infatti, festeggia sì i 12 milioni di copie vendute dal singolo ad ogni latitudine, ma anche le nove settimane di filato passate al primo posto della classifica italiana “Gli accordi di quel pezzo nacquero sulla tastiera di Mic Michaeli, l’unico compagno dell’istituto tecnico che sapesse suonare uno strumento come me” ricorda Tempest, all’anagrafe Joakim Larsson (il nome d’arte se l’è dato come omaggio alla tempesta shakespeariana così come, finita l’avventura con i Force, quello della band l’aveva scelto suggestionato dal live dei Deep Purple “Made in Europe”).

E aggiunge: "Le celebrazioni vanno molto di moda nel rock, ma è abbastanza difficile che il compleanno di una canzone venga festeggiato dalla stessa formazione che l’ha inciso”. La presenza su palco pure di John Norum, John Levén, Mic Michaeli e Ian Haugland riporta, infatti, l’avventura della band svedese indietro nel tempo come se invece che sul palco dell’Alcatraz salisse sulla DeLorean “modificata” dallo strampalato “Doc” Emmett Brown in “Ritorno al futuro”. Con “Jump” dei Van Halen ed “Eye of the tiger” dei Survivor, “The Final Countdown” rimane anche una delle canzoni degli anni Ottanta più suonate nelle manifestazioni sportive. “Credo piaccia perché è una specie di colonna sonora che trasmette forti vibrazioni - ammette Tempest - Ci sono brani dell’hard-rock come Rock the night o Stormwind ancora molto importanti, ma che faticano a passare in radio, mentre The Final Countdown no. E pensare che non era nata come singolo, ma come pezzo per aprire i concerti. Ad essere sinceri, non mi sono mai spiegato del tutto le ragioni del suo successo, ma amo cantarla, tranne quando ci impongono di farlo in playback”. Anche se non più boccoluta, la chioma di Joey-Joakim è ancora fluente (“al tempo frequentavo una parrucchiera a cui chiesi di farmi assomigliare a Robert Plant”) così come il suo inglese, rinforzato dal trasferimento a Londra dove vive da sedici anni con la moglie Lisa Wortinghton e i figli Jamie e Jack. 

Per milioni di fans gli Europe rimangono ancora il marchio svedese più famoso al mondo dopo Abba o Ikea, e dalla reunion del 2003 il quintetto ha potuto sempre contare su un sostegno generoso e incondizionato. “Nel ’92, dopo dieci anni vissuti tutti sulla corsia di sorpasso, decidemmo di prenderci una pausa e ridefinire i nostri obiettivi: io, ad esempio, cominciai ad ascoltare Neil Young e Bob Dylan e ad incidere dischi da solista”. Poi, però, l’album “Start from the dark” (iniziare dal buio), ha rimesso assieme i pezzi della band creando i presupposti per quel ritorno sulle scene che da Vallset, in Norvegia, ha riportato gli Europe alla conquista del mondo.